Riprendo un articolo pubblicato su China Business Success Stories (http://www.chinasuccessstories.com/2008/11/20/overseas-based-clients/) per evidenziare un fattore del costo del lavoro di cui vado parlando da tempo. Esiste in Cina una buona disponibilita' di personale tecnico di buon livello, incluse le figure fnanziarie, quindi i loro costi sono molto accessibili (il grafico indica la comparazione dei costi cinesi con quelli americani e inglesi), mentre e' molto piu' rarefatta la presenza di manager nel settore vendite e risorse umane, su cui le Universita' Cinesi hanno meno investito. In questi settori, il costo dei manager e' sostanzialmente parificabile a quello dei Paesi occidentali.
giovedì 27 novembre 2008
lunedì 17 novembre 2008
I numeri dell'ONU sullo sviluppo sociale Cinese
Chi leggera' il mio libro Affari Cinesi trovera' un'affermazione fatta da un Professore Universitario di Shenzen. Rispondendo ad una mia domanda sullo sviluppo dei diritti umani in Cina, il Professore mi rispose:
"In 30 anni abbiamo tirato fuori dalla poverta' 300 milioni di persone. Questo e' il primo dei diritti umani"
Ora il rapporto annuale dell'UNDP (Agenzia ONU per lo sviluppo) fornisce alcuni numeri illuminanti sullo sviluppo sociale cinese che sintetizzo (un abstract del rapporto e' scaricabile al sito http://www.undp.org.cn/downloads/nhdr2008/Abstract_NHDR2008_en.pdf)
1. L'indice HDI (indice di sviluppo umano) della Cina e' costantemente cresciuto negli ultimi 30 anni, passando da un valore 0,559 nel 1980 a 0,781 nel 2006.
2. L'indice di poverta' nelle zone agricole e' passato dal 30,7 nel 1978 all'1,6 nel 2007.
3. L'indice di aspettativa di vita ha raggiunto il valore 0,792, superiore non solo al valore medio dei Paesi in via di sviluppo (0,685), ma anche al valore mondiale medio (0,781)
4. L'indice di alfabetizzazione degli adulti ha toccato la punta dell' 88,96%, superiore alla media dei PVS (77%) e alla media mondiale (78%)
Il rapporto mette naturalmente in evidenza molti fattori di arretratezza del sistema sociale cinese, fornendo pero' anche una panormica dei progetti e degli interventi pubblici a sostegno di questi fattori. Consiglio vivamente la lettura di questo rapporto. Puo' aiutare ad evitare molte gaffes e imprecisioni ai paladini nostrani dei diritti civili dei Cinesi, la cui lettura dei fenomeni sociali del Paese e' frammentaria, superficiale e occasionale, oltre che, lo ammetto, resa difficile dalla macrodimensione del fenomeno Cina.
Concordo con il Professore di Shenzhen. Uscire dalla poverta' e' il primo dei diritti umani.
sabato 8 novembre 2008
Efficacia delle leve di marketing in Cina
Come in tutti i mercati ad economia emergente, l'efficacia delle leve di marketing sui consumi e' molto forte in Cina. Le ragioni sono riconducibili ad una ancora relativa "pressione" del marketing sui consmatori, quindi ad una minore assefazione degli stessi ai messaggi commerciali e promozionali.
La "pressione dal basso", quindi il desiderio di consumo e' molto elevato, e questo apre spazi importanti all'advertisement e al marketing.
Nei paesi ad economia avanzata la soglia di visibilita' di brand e prodotti si innalza continuamente, richiedendo sempre maggiori sforzi, maggiori investimenti, individuazione di tecniche persuasive sempre piu' sofisticate.
Nei mercati emergenti come la Cina, i messaggi possono essere piu' diretti, le leve di marketing hanno una efficacia maggiore, i messaggi sono piu' semplici ed immediati.
La Cina si sta molto velocemente adeguando alle soglie di visibilita' occidentali in quanto a penetrazione dei messaggi commerciali, ma ancora esiste uno spazio importante nel quale moltissimi prodotti del made in Italy possono inserirsi.
La scarsa conoscenza delle tecniche di marketing da parte di molte delle imprese italiane impegnate in prodotti "di nicchia", la difficolta' di programmarsi a medio termine, e una scarsa propensione all'investimento, riducono di molto questo spazio.
Ancora, molte idee sul marketing sono confuse, spesso appiattite sui concetti della promozione e della semplice pubblicita'.
I grandi marchi italiani conoscono naturalmente molto bene la lezione, ma questo e' noto, e i loro spazi sono gia' molto ben presidiati con un marketing raffinato, incisivo e molto, molto profittevole.
Dove il Sistema Italia e' del tutto inadeguato e incapace di conquistari gli spazi che merita sono le importanti nicchie della qualita': in primis la ristorazione, gia' abbastanza diffusa ma di livello appena accettabile. La qualita' del cibo in genere rispecchia i valori della tradizione italiana, ma in quanto a approccio di marketing, a stile ed immagine dei ristoratori, non ci siamo proprio. Nella ristorazione italiana in Cina si sta creando l'immagine di "mandolino e lustrini", con immagine dei locali patinata e di atmosfera, quasi un po' stucchevole, dietro alla quale lavora, con ottime eccezioni, uno staff piu' adatto alla trattoria fuori porta che al ristorante del centro, che scambia l'atmosfera familiare con la licenza di trasandatezza.
Molti altri settori hanno spazi di grande sviluppo in Cina, Il mobile, i vini, gli oli, ed in genere tutto il settore food di qualita'. Ma senza marketing non ci si muove.
La richiesta che piu' spesso ci sentiamo rivolgere da queste aziende e' quella di "trovare un distributore". Punto. Nessun investimento, nessuna ricerca di mercato, zero conoscenza del mercato cinese.
Il risultato, come tutti possono vedere frequentando i supermercati cinesi, e' una presenza casuale dei marchi, a macchia di leopardo, dovuta piu' a un colpo di fortuna che ad una politica commerciale.
Purtroppo, come in tutti i Paesi emergenti, il primo che arriva, in qualsiasi modo, sul mercato con un prodotto nuovo, riesce a far identificare il suo prodotto come "lo standard" di prodotto. Cosi' se il primo a portare il Prosecco porta un vino scadente, "quello" sara' lo standard di prodotto per i consumatori. E cosi' per olio, pasta, ecc.,
E' assolutamente necessario ritornare ai fondamentali del marketing: Prodotto, Prezzo, Posizionamento, Promozione. E aggiungere quella vera atmosfera italiana fatta di gusto, stile, piacere, bellezza, estetica.
venerdì 7 novembre 2008
Cina decisiva contro la depressione internazionale
Traduco e sintetizzo e commento un interessante articolo di Craig Russell, Chief Market Strategist, Saxo Bank Group. L'articolo integrale in inglese e' scaricabile su http://www.chinasuccessstories.com/2008/11/06/most-concerted-global-effort/
La crisi finanziaria internazionale sta ponedo il mondo di fronte all'ipotesi non solo della recessione (ormai certa), ma al pericolo di una depressione mondiale. Il parere di Craig Russe e' che la Cina sara' decisiva per contrastare questapossibilita', e porta a sostegno di questa tesi una serie di elementi che riportiamo:
- Secondo la BancaMondiale e l'IMF, la Cina e' la terza economia mondiale, con PIL stimato tra i 6,9 e 7,05 trilioni di USD.
- I consumi cinesi rappresentano circa il 42% del PIL. Comparato con i mercati americano e indiano, i cui consumi incidono per il 70% del PIL, i consumi cinesi hanno ancora una grande possibilita' di crescita
- Il PIL procapite si assesta tra i 5.200 e i 5.400 USD (calcolato sulla base del potere di acquisto (Fonte: Banca Mondiale e IMF)
- Il terzo trimestre ha registrato un'uscita di capitali verso il Paese pari a 1,5 miliardi di USD, contro un ingresso di 170 miliardi di USD nella prima meta' del 2008.
- La tesoreria cinese e' stimata in 2 trilioni di USD, il 20% della spesa totale del Paese proviene da fonti governative
La recessione e la caduta dei consumi nei mercati occidentali e' gia' nettamente avviata. Il PIL americano nel terzo trimestre e' caduto dello 0,3%, indice di chiara recessione. Al contrario, i consumi cinesi nel 2007 sono aumentat del 17%.
Anche l'economia cinese sta comunque risentendo della crisi. La stima per la crescita del PIL nel 2008 e' scesa al 9% , ma si tratta di una leggera moderazione della crescita, e non certo di una recession. Del resto, l'obiettivo della Bank of China era quello di mantenere la crescita intorno al 9% per raffrddare l'inflazione ed evitare pericolosi surriscaldamenti.
In sintesi la crescita dei consumi cinesi continuera' a crescere intorno al 15% su 2007, il che equivale a 300 / 400 miliardi di USD. In questo modo, il consumo cinese equivarra' allo 0,6 / 0.9% del PIL mondiale, che si attesa intorno ai 50 trilioni di USD.
Questi numeri saranno quelli che preserveranno l'economia mondiale, permettendole di non entrare nel ciclo della depressione.
mercoledì 29 ottobre 2008
Stefano Pipino nuovo Corrispondente Consolare a Shenzhen
Stefano Pipino, noto imprenditore attivo in Cina da molti anni, dopo aver ricoperto diverse cariche istituzionali nel Paese, è stato nominato Corrispondente Consolare a Shenzhen. La comunicazione alla comunità italiana di Shenzhen Martedi 28 Ottobre, in un noto ristorante italiano a Futien, nel corso di una cena alla quale ha presenziato lo stesso Console Generale d' Italia Paolo Miraglia del Giudice, che ha colto l'occasione per presentare la nuova iniziativa dello sportello unico italiano a Canton, che sara' inaugurato il 3 Novembre prossimo, e che riunira' in una unica sede, gli Uffici del Consolato, dell'ICE e della Camera di Commercio Italiana in Cina.
All'amico Stefano i migliori auguri di buon lavoro!
sabato 25 ottobre 2008
Crisi? In Cina Business as usual, ma la prudenza consiglia nuove regole per gli investitori
Naturalmente la Cina, e tutta l'Asia ha pagato, e paghera', conseguenze pesanti sull'economia industriale, come si vede gia' dai grafici a tre mesi di Shanghai ed Hong Kong. La sofferenza potrebbe toccare soprattutto le aree a maggiore dipendenza dall'export verso gli USA, come il Guangdong e lo Zhejiang, dove i segnali sono gia' evidenti. Quando parliamo di Cina pero' i numeri e le statistiche sno relativi. Nonostante l'evidente decremento della domanda americana, l'export della Cina e' cresciuto di un robusto 22% nei primi otto mesi del 2008, e gli esperti ritengno che la curva della domanda estera potrebbe riprendere a salire per la rinnovata (e obbligata) propensione dei consumatori americani ed europei per i prodotti a basso prezzo, tipicamente cinesi.
Ciononostante, la situazione costringe gli investiori stranieri a riscrivere almeno in parte alcune regole per garantire capacita' competitiva ai propri investimenti in Cina.
1. Shanghai e Pechino (dove si sono concentrati negli ultimi anni i maggiori investimenti) potrebbero non rivelarsi piu' cosi interessanti (la relativa scarsita' di manodopera ha fatto schizzar gli stipendi anche del 20/30% l'anno);
2. Puntare sulla partnership con le Universita' cinesi per garantirsi staff giovane e qualificato
3. Nuove opportunita' nelle citta' di seconda fascia. Dalian, Hangzhou, Ningbo, Xiamen, Guangzhou, Wuhan, Nanchang, Chongqing, Chengdu, Fuzhou, Kunming, Nanning, Nanjing, etc. sono la nuova frontiera cinese, anche per il mercato consumers.
4. Le infrastrutture cinse nelle grandi metropoli sono probabilmente le piu' moderne al mondo e il loro sviluppo e' stato gia' ipertrofico. Difficile prevedere ulteriori grandi sviluppi localizzati ancora nelle metopoli e nelle loro infrastrutture. Non cosi invece i settori "soft". Grandi sviluppi dei prossimi anni saranno nei settori della sanita', dell'istruzione, del welfare, dei consumi di lusso, ma anche nel nel recupero del gap di infrastrutture e di reddito nelle zone rurali.
Il ripensamento dei criteri e dei settori di investimento per le imprese occidentali potrebbe quindi portare sulla scena cinese nuovi attori, fuori dai tradizionali sistemi industriali. Si presenta quindi una nuova grande possibilita' legata piu' che alla industrializzazione, alla modernizzazione dei sistemi sociali. Una nuova grande impresa, per la quale anche molte aziende italiane potrebbero candidarsi, ma si tratta di un'impresa che richiede lunghi periodi di preparazione, acquisizione profonda della situazione cinese, presenza diretta e stabile sul campo.
martedì 7 ottobre 2008
Consumi privati al galoppo nella settimana d'oro
Il Ministero delle Finanze cinese ha emesso un comunicato sui consumi al dettaglio nella "settimana d'oro", la settimana di ferie cinesi dal 29 Settembre al 5 Ottobre. Le vendite sono salite del 21% rispetto all'anno precedente, toccando il valore di 420 miliardi di RMB, circa 40 miliardi di Euro.
lunedì 15 settembre 2008
La Commissaria Europea Kuneva incontra Vettoretti, Presidente della Camera di Commercio Europea per il Sud Cina
Dimesso il Governatore dello Shanxi dopo la frana di fango e 254 morti
Dopo la frana di fango che ha devastato una città mineraria nello Shanxi, che ha provocato almeno 254 morti, il Governatore della Provincia, ed ex Sindaco di Pechino, Meng Xuenong (nella foto) ha rassegnato le dimissioni.
giovedì 11 settembre 2008
Job Fair: in Cina il personale si seleziona anche cosi'
In Cina il personale si seleziona anche attraverso delle vere e proprie fiere specializzate nel mettere a contatto "face to face" candidati e aziende in una specie di ininterrotta e frastornante giostra di incontri e di curricula. Le fiere del lavoro sono frequentatissime, migliaia di giovani candidati, in genere neo-laureati, affollano gli stand con il loro bravo pacchetto di curricula in mano, pagando 5 Rmb per entrare. Per le Aziende e' un sistema veloce per entrare in contatto diretto con i candidati.
domenica 31 agosto 2008
Ricevuta fiscale alla cinese
Quanto a pagare le tasse, non si può dire che i ristoratori cinesi abbiano nulla da invidiare agli italiani. Quando si paga un conto del ristorante in Cina, quello che ci presentano non è mai una ricevuta fiscale, è semplicemente un conto interno. Per avere una fattura fiscalmente valida, bisogna chiedere la famosa fapiao, che ovviamente implica un costo fiscale per l'esercente e non viene mai proposta in prima istanza.
L'idea di alcune Amministrazioni fiscali locali (nonostante le credenze sul "centralismo" cinese, la Cina ha un ampio "federalismo fiscale") per far emettere piu' fapiao è semplice ma geniale, potrebbe addirittura piacere al Ministro Tremonti.
Le ricevute fiscali in Cina sono a taglio fisso, quindi te ne consegnano un certo numero, in base a quanto hai pagato. La genialità consiste nel fatto che ogni ricevuta contiene un gratta e vinci, che può far vincere, 5, 10,15, 50 RMB, un valore non da poco, se si pensa che con da 50 RMB si può cenare in molti ristoranti cinesi.
Cosi' ora tutti chiedono la ricevuta fiscale, mica perchè è improvvisamente insorta un'etica fiscale, ma perchè tutti sperano di avere il premio.
Non male, davvero non male.
giovedì 14 agosto 2008
Consumi in Cina: a Luglio + 23%
La locomotiva dei consumi cinesi conferma un trend inarrestabile. A Luglio i consumi sono cresciuti del 23%, per un totale di 862,9 miliardi di RMB, il dato piu' alto negli ultimi 9 anni. Non si puo' piu' sostenere che il dato sia inficiato dal basso livello di partenza. Che i consumi interni stiano crescendo in modo esponenziale, e che siano supportati di disponibilita' di spesa e' oramai un dato acquisito. Non ci sono segnali che l'inflazione elevata eroda il potere di acquisto: la disponibilita' di spesa nelle aree urbane e' cresciuta del 14,4% (6,9 al netto dell'inflazione).
Il mercato cinese si sa quindi dimostrando sempre piu' "il mercato del mondo", contribuendo a ridurre gli effetti devastanti della diminuzione dei consumi nei Paesi Occidentali.
sabato 19 luglio 2008
Italian style - China Made
La rivista "Family Office" (Editrice LE FONTI Milano) pubblica l'articolo integrale di Leonello Bosco "ITALIAN STYLE - CHINA MADE".
Per scaricare il documento cliccare QUI
Formarsi in Cina per lavorare in Cina
Presentiamo una interessante iniziativa formativa per giovani neo laureati in lingua cinese o per personale italiano gia' impiegato in Cina
http://www.chinabusinesseducation.com
Dall'esperienza, e dagli incontri con moltissimi giovani neo laureati in Cina emerge pero' una situazione piuttosto difficile. Se da un lato la conoscenza della lingua Cinese rappresenta un forte elemento competitivo, la maggior parte dei giovani neo-laureati non dispone di un set di strumenti operativi minimi necessari per avviare una carriera lavorativa all'interno di un'azienda italiana o europea in Cina.
Si e' spesso costretti quindi a cominciare da zero, imparando i rudimenti di uno dei tanti mestieri richiesti dalle imprese delocalizzate, con conseguente frustrazione professionale e lungo investimento di tempo.
Per questa stessa ragione il Corso si svolge in Cina, e specificamente a Shenzhen, il cuore produttivo cinese, permettendo di respirare direttamente il clima del Paese, avendo come docenti sia professori universitari che consulenti italiani e cinesi che da anni agiscono a stretto contatto con le imprese italiane.
Non si tratta quandi solo un un Corso di stile accademico o teorico, ma di una vera immersione nell'economia cinese vista con gli occhi e le esigenze delle imprese italiane. E' il completamento di un percorso formativo ed un arricchimento di skills professionali "ready to use"
Ho dato un'occhiata al Corso e penso che sia molto interessante e una bellissima opportunita' (Elena Beaupain, Vicenza -Shenzhen)
Devo dire che sarebbe veramente interessantissimo quello che proponi. Io che ho studiato all'Universita' di Pechino dico sempre che 3 mesi in Cina sono stati uguali a 3 anni universitari...non sapevo niente di tutto cio' che riguarda il business, e penso che un Corso come questo, mirato a tutti questi aspetti sia ottimo. (Eleonora Ciotti, Roma - Shenzhen)
venerdì 18 luglio 2008
Errori piu' comuni negli investimenti italiani in Cina
1. Struttura organizzativa
L'errore piu' comune e' quello di non strutturare l'organizzazione cinese nello stesso modo in cui si organizzerebbe una qualsiasi impresa in Italia. Struttura organizzativa, controllo di gestione, gestione delle risorse umane, sono spesso trascurate nello start up di una organizzazione cinese. Non se ne comprende la ragione. La difficolta' di controllo di una struttura delocalizzata e distante, dovrebbe favorire una maggiore attenzione al controllo.
1. Fidarsi dei cinesi
Premesso che nell'esperienza quotidiana incontro personale cinese di primissimo livello, spesso gli imprenditori italiani si affidano quasi ciecamente a partner cinesi di cui sanno pochissimo, sull'onda dell'entusiasmo per l'iniziativa. I risultati possono essere pesanti.
Le imprese italiane tendono a non spostare personale italiano, se non personale tecnico, ma anche in questo caso si creano grosse difficolta' nelle relazioni con fornitori e clienti. Il personale italiano ha ovviamente le competenze tecniche per gestire il prodotto, molte meno competenze nella gestione delle relazioni con fornitori e clienti. In Cina la capacita' relazionale e' fondamentale.
Raramente viene spostato personale manageriale capace di garantire uno start up efficiente e trasferire al personale cinese le competenze necessarie per la gestione
3. Risparmi finti - costi veri
Questo elemento e' molto forte nella prassi di avvio di una Societa' in Cina. Nasce spesso da una certa "presunzione" di poter agire in Cina sulla scorta delle proprie esperienze, considerandole sufficienti ad affrontare le sfide cinesi. Non e' cosi'. Dopo un po' tutti diventano consapevoli che la Cina e' un mondo diverso. Questa tardiva conspevolezza puo' costare cara. Un altro elemento legati ai finti risparmi e' la scarsa propensione all'investimento che, combinandosi con la scarsa conoscenza del Paese, fanno diventare costi veri quelli che sembrano risparmi. Vediamone alcuni:
- Affidarsi ad un economico studio legale e amministrativo cinese, anziche' ad una struttura internazionale (normalmente piu' costosa) per il set up societario e per la contabilita'. Normalmente lo studio cinese viene indicato dal partner o dal contatto locale. Risultato: scarso controllo sul set up della Societa', con situazioni nascoste o non verificate che daranno effetti gravi nel tempo, scarso controllo contabile, problematiche fiscali anche importanti, difficolta' ad integrare i dati contabili in un eventuale bilancio consolidato. Nel caso poi di un conflitto tra i partner, potete stare certi che lo studio cinese stara' sempre "dalla parte del cinese", per ragioni di cultura e di relazioni che chiunque conosca la Cina capisce perfettamente.
- Selezionare il personale sulla base di indicazioni, suggerimenti, raccomandazioni del partner locale o del contatto locale. La verifica delle competenze e' molto scarsa, si creano delle "alleanze" all'interno dello staff che possono provocare gravi ripercussioni in termini organizzativi, con reciproche coperture. La selezione del personale da parte dei professionisti e' piu' costosa, ma garantisce un tasso di errore molto inferiore. Liberarsi del personale "legato a doppio filo con il partner" risulta quasi sempre una strada impraticabile. Le soluzioni sono sempre costose.
- Scelta del partner con cui avviare le operazioni. Anche in questo caso c'e' molta "occasionalita'". Spesso il partner e' una conoscenza superficiale o quasi. Al partner cinese viene talvolta talvolta affidata la completa gestione della Societa'. Il controllo e' molto scarso. Gli effetti talvolta disastrosi, in termini economici ma anche di responsabilita' legale (fisco e diritto del lavoro in particolare)
- Avviare una iniziativa sulla base di pochi dati parziali. Abbiamo visto casi di imprese "gasate" dal mercato, sulla base di un'esperienza di alcuni giorni o alcune settimane in Cina. Qualche spettacolarita', in cui i cinesi sono abilissimi, e' sufficiente a convincere l'Impresa che la Cina e' il suo futuro. Raramente si procede ad una analisi approfondita del mercato, a svelarne i dettagli, a fare delle verifiche di tipo strategico ed economico sul Paese. Quando l' "affare" e' avviato, ed escono i bubboni, l' Azienda e' sostanzialmente costretta a fare fronte alle inaspettate situazioni che quasi sempre hanno gravi riflessi economici. I partner cinesi "improvvisati" appaiono molto piu' economici di uno studio approfondito del mercato. I costi successivi sono talvolta molo piu' pesanti. Quando si e' costretti ad intervenire per rimettere in sesto la situazione, non si bada a spese.
Quando le imprese hanno forte esperienza nel proprio campo, tendono semplicemente a replicare il modello di business che conoscono. Questa facilita di molto le cose, ma quasi sempre il modello utilizzato non si adatta alle specificita' del mercato. Ripristinare la situazione e' sempre costoso e "time consuming"
sabato 12 luglio 2008
Donne cinesi al top
Che le giovani donne cinesi rappresentino un punto di forza dello sviluppo economico, e' un dato noto a chi frequenta la Cina con un minimo di assiduita'.
La lista di 25 donne managerm al top, pubblicata da DANWEI http://www.danwei.org/business/25_chinese_business_women_to_w.php) e' un esempio significativo. La riportiamo per informazione. Come vedrete, molte sono a capo di Aziende straniere. Una e' al vertice di un'azienda italiana.
1. Ma Xuezheng (马雪征): Managing director and partner of Texas Pacific Group (TPG), Non Executive Vice Chairman and Non executive director of Lenovo Group Ltd.
2. Zhou Kaixuan (周凯旋): Director of Li Ka-shing Foundation
3. Sun Yafang (孙亚芳): Chairwoman of the board of Huawei Technologies
4. Yang Mianmian (杨绵绵): President of Haier Group
5. Yu Shumin (于淑珉): President and chief executive officer of Hisense Group
6. Guo Kezun (郭可尊): Senior vice-chairman of AMD global and president of AMD China
7. Wang Xuehong (王雪红): Chairwoman of the board in VIA Technologies, Inc
8. Zhang Yin (张茵): Chairwoman of Jiu Long Paper
9. Sun Wei (孙玮): CEO of Morgan Stanley China
10. Ren Keying (任克英 or Margaret Ren): Chairwoman of Merrill Lynch & Co. Investment Banking China
11. Deng Mingzhu (董明珠): Chairwoman Zhuhai Gree Electrical Appliance Inc.
12. He Chaoqiong (何超琼 or Pansy Ho): Managing director Shun Tak Holdings
13. Chen Ningning (陈宁宁): Chairwoman of Pioneer Metals Group
14. Zhang Xin (张欣): Co-CEO of SOHO China
15. Yang Lan (杨澜): Co-founder and chairperson of Sun Media Investment Holdings
16. Ye Yuede: (叶约德 or Amy Yip) Chief Executive Officer of DBS Asset Management
17. Li Qianling: (李倩玲 or Bessie Lee) Chief Executive GroupM China
18. Ru Linqi: (汝林琪 or Tina Ju) Managing partner of KPCB China
19. Chen Xiuwen (陈秀玟): General manager of IBM China
20. Li Lizhen (黎丽珍): Senior vice president and president greater China of ACP-MGE
21. Li Yifei (李亦非): Chief representative of Viacom China
22. Pan Peicong (潘佩聪): President of China Tingyu Group
23. Zhang Tian'ai: (张天爱 or Flora Zeta) Fashion designer, founder and president of The House of Tian Art
24. Tan Xuejing (谈雪晶): President of Folli Follie China
25. Yang Minde (杨敏德): Chairwoman of Esquel Group
Cina prima potenza economica mondiale nel 2035
Secondo uno studio dell' Istituto americano Carnegie Endowment for International Peace, il cui testo integrale e' scaricabile a questo indirizzo
http://www.carnegieendowment.org/files/pb61_keidel_final.pdf
l'economia cinese diventera' la prima al mondo, superando gli USA, nel 2035.
Il dato non e' solo rilevante in se', ma appare ancora piu' importante se si esaminano le componenti di questa crescita, che confermano il successo delle linee guida del governo cinese rispetto allo sviluppo del Paese.
I dati rilevanti sono questi:
- Lo sviluppo economico non sara' piu' supportato solo dalle esportazioni, ma il vero boom sara' deerminato dai consumi interni
- Di conseguenza, il surplus commerciale (bestia nera cinese delle economie occidentali) sara' bilanciato a favore dei consumi interni (quindi anche dei prodotti importati)
L'autore dello studio, Albert Keidel, mette peraltro in evidenza che questo percorso, che dovrebbe portare l'economia cinese, nel 2050, al valore di 82 trilioni di $, contro i preventivati 44 degli USA, potrebbe essere frenata da fattori interni come la corruzione, le diseguaglianze sociali, la politica delle riforme ed il problema ambientale.
La riflessione rilevante che dovremmo fare, come italiani, e come esportatori, e' legata al forte incremento dei consumi interni. Dovremmo modificare il concetto di Cina come fabbrica del mondo con quello di Cina come mercato del mondo, ma questo richiede un approccio strategico alla Cina che appare ancora lontano nell'orizzonte delle Piccole e Medie Imprese.
L'Italia ha clamorosamente mancato l'aggancio con il boom produttivo cinese, a differenza dei propri competitors europei, ora rischia di mancare l'aggancio con il nuovo boom dei consumi interni, area nella quale le imprese italiane potrebbero imporsi con grande autorevolezza.
martedì 1 luglio 2008
China Total Retail Sales of Consumer Goods Shot up in May
domenica 29 giugno 2008
Consigli utili per vendere in Cina
Traduciamo, sintetizziamo e commentiamo un articolo di Matthew Harrison di B2B, contenente alcuni buoni consigli per un approccio professionale alla vendita in Cina
1. Non dimenticare gli elementi base del marketing: Prodotto, Prezzo, Posizione, Promozione (le 4 P del marketing) hanno tutte un grande valore in Cina.
Management in Cina
Vendere in Cina. Una opportunita' per molti
- Sistema moda
- Sistema persona (estetica, wellness)
- Sistema casa (ceramica, mobile, accessori arredamento, oggettistica)
- Alimentare
- Sistema industriale (meccanica, impiantistica specializzata)
KSI ha messo a punto una procedura di assistenza tecnica per le imprese che prevede:
Studio di prefattibilita', con analisi del prodotto e delle risorse aziendali
Studio di fattibilita' sul campo, con analisi della fattibilita' economica, verifica di partnership commerciali, distributori, retails
Report al cliente con indicazioni operative (marketing and pricing positioning, contatti con potenziali partners e distributori, valutazioni sulle opzioni societarie piu' adeguate
Assistenza nella fase di start up, con eventuale assunzione di incarichi organizzativi societari per la garanzia di efficienza nella fase delicata dell'avvio
Assistenza nelle successive operazioni correnti
venerdì 27 giugno 2008
Vino italiano in primo piano
Alla cena di gala sono stati invitati i Consulenti di Keen Score International.
Acquisti in Cina: i costi nascosti della non qualita'
Cedere know how per mantenere la competitivita' in Italia
Il titolo di questo articolo contiene naturalmente un paradosso provocatorio. Cedere tecnologia non aiuta normalmente a mantenere la competitivita', ma le esperienze in Cina stanno dimostrando che attraverso la cessione "in licenza" di tecnologia italiana, si sostiene la competitivita' delle stesse imprese italiane che la possiedono.
Di che cosa stiamo di fatto parlando? Esistono molte situazioni, soprattutto nella meccanica, e nelle PMI italiane, nelle quali le imprese italiane stentano fortemente a mantenere il passo competitivo di competitor cinesi o, molto piu' spesso, di competitor europei che hanno decentrato la produzione in Cina. Le aziende italiane stanno cercando di mantenere il passo, e le quote di mercato, con l'unico strumento di immediato utilizzo: la riduzione dei margini di profitto. Questa strada ha come premessa la convinzione che prima o poi il fenomeno cinese si sgonfi, e che il differenziale qualitativo italiano venga riconosciuto e ripagato.In effetti la realta' sembra molto diversa. Da un lato le imprese cinesi sono ben lontane dall'aver esaurito la loro forza propulsiva sui mercati esteri, dall'atro bisogna riconoscere che la loro velocita' di innovazione tecnologica e' veramente straordinaria.
Una delle possibili strade che possono aiutare a risolvere questo problema, riguarda la possibilita' di far produrre in Cina componenti, parti finite, o intere apparecchiature, da partner cinesi, attraverso un contratto di licenza che vincoli fortemente il partner al rispetto dei diritti di proprieta' intellettuale. Esistono diverse strade per ottenere questo risultato, una delle quali e' costituire una Joint Venture con il partner, per il solo sfruttamento della licenza, o per produrre insieme.
2. Nello stesso tempo, puo' concedere al partner cinese di vendere i prodotti derivati da questa tecnologia sul mercato cinese, direttamente o in partnership, attraverso il riconoscimento di royalties all'azienda italiana
3. L'Azienda italiana puo' essa stessa commissionare prodotti derivanti dalla tecnologia ceduta, sia per il mercato interno italiano, sia per i propri mercati di esportazione, recuperando quei margini competitivi (e i profitti) che sta perdendo
Starbucks caffe' in Cina. Poco prodotto e molta comunicazione per un fenomeno esplosivo da manuale di marketing
Cresce il mercato del Consumo in Cina: Chyuppies nuovi protagonisti
PIL Cinese, Pimo trimestre 2008 a +10,6%
Consapevole che il surriscaldamento dell'economia trascina con se' anche elementi negativi, non ultimo il tasso di inflazione, il governo cinese ha adottato negli ultimi mesi diversi provvedimenti, soprattutto di natura monetaria, per controllare l'eccessivo incremento del PIL.Ciononostante, e sembra una maledizione al contrario, se ci mettiamo nei panni di noi poveri italiani, il tasso di crescita del PIL del primo trimestre 2008 e' stato registrato al 10,6%, contro un aumento del 11,7% nello stesso periodo del 2007.Le ragioni di questo "arretramento" non sono dovute a ragioni strutturali, che potrebbero far pensare ad un logico ridimensionamento dello sviluppo cinese, ma semplicemente al fatto che il freddo particolare dello scorso inverno ha bloccato per diverse settimane alcune produzioni, e cio' ha pesato sul tasso di crescita del Prodotto Interno.Le previsioni degli esperti, non fanno intravedere, comunque, ulteriori azioni restrittive nella politica monetaria del governo cinese.
Nuova Legge sul lavoro in Cina
E' entrata in vigore la nuova legge sul lavoro in Cina. Un cambiamento molto forte, per quanto atteso, che allinea la legislazione cinese alle norme abitualmente utilizzate in occidente, mettendo peraltro fine a quella infinita serie di critiche e accuse rispetto allo sfruttamento della manodopera cinese. L'effetto di questo cambiamento peraltro, sta iniziando a provocare un piccolo terremoto rispetto agli investimenti esteri in Cina. Gia' alcune delle grandi imprese manifatturere occidentali, americane in particolare, la cui produzione e' ad alta intensita' di lavoro, stanno pensando di trasferire le loro produzioni in Vietnam, India, o altri Paesi orientali. Quali sono le caratteristiche princiali di questo cambiamento: Viene introdotta l'obbligatorieta' del contratto scritto, si stabiliscono le regole di orario (8 ore giornaliere per 5 giorni la settimana) e conseguentemente viene riconosciuto il diritto al compenso straordinario per l'overtime (che arriva fino a 3 volte il compenso ordinario per lavoro prestato in giornate festive). Vengono definiti i benefit sociali e assicurativi, e si introduce il concetto di "liquidazione". Si tratta di norme che nel mondo occidentale sono del tutto scontate, facendo parte della normativa reltiva alla protezione dei diritti dei lavortori. L'effetto che questa nuova legislazione sta provocando in CIna e' invece piuttosto pesante, soprattutto per le imprese straniere, che saranno probabilmente molto piu' controllate rispetto alle imprese cinesi. C'e' indubbiamente un impatto rispetto al costo del lavoro, e questo ha allarmato la comunita' degli investitori stranieri. In effetti, questa nuova legislazione giuslavorista si inquadra in una serie di tasselli legislativi (ristorni Iva, restrizioni a particolari attivita' industriali, ecc.) che fanno intravedere una strategia industriale del governo cinese tendente a valorizzare produzioni con alto valore aggiunto, a minore intensita' di lavoro, con alto valore tecnologico e di innovazione, oltre naturalmente a continuare la politica di "allineamento" agli standard sociali richiesta a gran voce dal mondo occidenale. Quello stesso mondo, probabilmente un po' ipocrita, che non si scandalizza se le proprie multinazionali decidono di spostare la produzione in Vietnam, in modo da poter continuare a comprare (per scelta o per necessita') scarpe, vestiti e prodotti vari a prezzi accettabili.
Cambiano le tasse per le imprese straniere in Cina
Le imprese straniere in Cina hanno goduto di trattamenti fiscali particolarmente vantaggiosi, grazie ad una politica di incoraggiamento degli investimenti esteri. Questo naturalmente rendeva le imprese a capitale straniero particolarmente avvantaggiate rispetto alle imprese cinesi.Dal 1 Gennaio 2008 le regole sono cambiate, e tutte le imprese, straniere e cinesi, sono ora tassate, salvo alcune eccezioni, con una aliquota media del 25%.Questo aspetto va tenuto in considerazione dalle imprese italiane che si accingono a sbarcare in Cina.
Vino italiano in Cina
di Daniele Brunori
Il mercato cinese del vino assomiglia ad una bottiglia di Prosecco; una bottiglia a cui è stata appena incisa la capsula esterna. La gabbietta è ancora al suo posto ed il tappo dovrà ancora aspettare un po’ prima di godersi la sua rumorosa libertà.
Fuor di metafora è innegabile che il mercato cinese è ancora lontano da una vera e propria esplosione, presentandosi ancora acerbo su molti aspetti.
In primis, le quantità non sono ancora paragonabili con i più profittevoli mercati europei, quello statunitense o quello russo, specialmente se si considerano i vini d’importazione. Dei 4 milioni di hl consumati in Cina soltanto una percentuale tra il 7-10% è attribuibile alle importazioni.
In secondo luogo il vino non fa parte della cultura cinese; la stessa lingua cinese non presenta una parola ad hoc. In mandarino jiu significa vino ma anche liquore in generale, tanto che bai jiu (letteralmente “bianco vino”) non si riferisce a Vermentino o Chardonnay ma a distillati di riso. Per indicare il vino come lo intendiamo noi occorre specificare putao jiu (vino d’uva).
Altro fattore frenante è rappresentato dalle tasse d’importazione che, sebbene in diminuzione, ammontano a quasi il 50% del valore del vino. Inoltre l’atteggiamento malcelatamente protezionista delle dogane cinesi (ritardi, richieste esose di certificazioni, aumento arbitrario del valore presunto, etc.) non fa che aggravare la situazione.
Cosa fa ben sperare allora? Per fortuna esistono potenzialità convincenti.
La costante crescita di una classe media che ha nei milioni di chuppies, i più appetibili consumatori di vino importato.
Va anche specificato che la trattazione del mercato cinese nel suo complesso è sicuramente una prospettiva dispersiva se non del tutto erronea. Le grandi aree metropolitane di Shanghai, Pechino, Tianjin, Guangzhou, Shenzhen assomigliano molto più alle cities europee piuttosto che alle zone rurali della Cina interna. Gli stessi consumi pro-capite che nella old China non raggiungono gli 0,3 l. pro capite, mentre nelle suddette aree raggiungono quasi 10 volte quel valore con tassi di crescita che hanno permesso incrementi annui delle importazioni oscillanti tra il 30% e il 50% dal 2001 ad oggi.
Quanto al vino italiano, la situazione presenta altresì luci ed ombre.
Gli aumenti del primo semestre 2007 (+56,7%) fanno ben sperare, ma le quote di mercato in mano a Francia (37%) e Australia (22%) palesano la necessità di un approccio al mercato diverso. Un approccio più market oriented (ad esempio un po’ di umiltà a studiare i gusti cinesi in fatto di sapori ed etichette non guasterebbe) condotto non solo dalle singole aziende ma supportato a livello di sistema, con l’auspicabile coinvolgimento di istituzioni, consorzi e associazioni. In questo francesi e australiani sono stati maestri.
È evidente che politiche di marketing del genere comportano corposi investimenti di denaro, tempo e risorse umane, con una visione almeno di medio periodo.
Investimenti che però permetterebbero di salire sul tappo prima che la Cina si decida a togliere capsula e gabbietta.
Qualche volta si vende
Cambio di passo delle PMI italiane sul mercato cinese
di Leonello Bosco
Deciso cambio di passo e di mentalità delle PMI italiane rispetto al mercato cinese. Dal nostro osservatorio consulenziale in Cina, stiamo assistendo da diversi mesi ad una netta diversificazione nella tipologia di assistenza richiesta.
Fino a pochi mesi fa, l’interesse delle imprese italiane verso la Cina, e di conseguenza le richieste di consulenza erano monopolizzate da due elementi che catalizzavano la stragrande maggioranza delle richieste:
- Assistenza tecnica e legale per gli acquisti sul mercato cinese
- Assistenza per la costituzione di Società produttive.
Il cambio di passo, che purtroppo non possiamo ancora considerare generalizzato, riguarda la consapevolezza che il mercato cinese può rappresentare un autentico mercato strategico per i prodotti italiani. Non per tutti, e non facilmente.
Le prime a prendere consapevolezza sono ovviamente le aziende che lavorano da tempo in Cina, sia sul versante degli acquisti che della produzione, oltre che, naturalmente, le aziende che hanno già una esperienza di vendita in Cina. Va però sottolineato che queste ultime potrebbero trovarsi in ritardo se ritenessero il loro posizionamento commerciale intoccabile o scontato. I nuovi strumenti societari introdotti dalla legislazione cinese (FICE ), Società commerciali a totale partecipazione straniera, dotate di tutte le licenze necessarie per l’import – export e per la distribuzione in Cina, hanno aperto un varco importante a molte imprese, anche di dimensioni medio-piccole, abbassando fortemente le barriere di accesso.
I processi di ingresso sul mercato cinese sono comunque complessi, per una serie di ragioni, alcune facilmente comprensibili, altre intrinsecamente legate all’evoluzione storica e sociale della Cina.
Innanzitutto il concetto di ricerca di mercato è relativamente recente in Cina, e i dati sono scarsamente strutturati secondo la logica del marketing. Si deve poi tenere in considerazione l’enorme dimensione del mercato cinese, che pian piano si va omogeneizzando su standard conosciuti alle nostre imprese, ma che tuttora presenta forti diversità tra città come Pechino e Shenzhen, e non solo per il posizionamento geografico.
Esistono da tempo delle reti di vendita strutturate, sia nel settore industriale che nei beni di consumo, dove si sta rafforzando il fenomeno del franchising, anche grazie ai recenti provvedimenti legislativi che hanno portato maggiore chiarezza nel settore, mentre il concetto di “distributore” sta assumendo connotati sempre più simili a quelli occidentali.
Va però notato come molto spesso uno degli ostacoli alla sottoscrizione di contratti di distribuzione sia legato alla riluttanza delle imprese italiane a sostenere i distributori nella loro richiesta di produrre in Cina, in toto o in parte, la merce “italiana”.
Non sembri un controsenso: è il futuro.
Soprattutto per i prodotti tecnici e industriali, le aziende cinesi sono disponibili a pagare un pò di più per un prodotto di tecnologia occidentale rispetto ad uno cinese, molto più economico ma di bassa qualità. Non sono però sempre in grado di pagare il doppio o il triplo di un prodotto cinese, probabilmente sono in grado di pagarlo il 40 / 60% in più, un valore insufficiente per la remunerazione dell’impresa italiana.
La soluzione in molti casi, anche nella nostra esperienza consulenziale, è quella di mantenere molto elevato il livello “soft” del prodotto, (design, progettazione, elettronica), con forte coinvolgimento dello staff tecnico italiano, e lavorare in Cina sullo sviluppo del prodotto e sulla sua industrializzazione.
In questo modo si possono ottenere posizionamenti di prezzo / qualità tale da risultare competitivi con le stesse imprese cinesi.
All’interno di questa nuova ondata di forte interesse da parte delle imprese estere per la vendita sul mercato cinese emerge anche un nuovo, anche per noi inaspettato, fenomeno, vale a dire la vendita Cina su Cina.
Alcuni dei nostri clienti acquistano prodotti da fornitori cinesi, e lo rivendono ad altri clienti cinesi. Ancora, non c’è alcun controsenso. Tra i due passaggi vi è il sostanziale incremento di valore del prodotto, che può variare da 10 a 100 volte, per i prodotti tecnologicamente più sofisticati, ed è costituito dal know how, dalla capacità di sottostare e garantire strette normative tecniche, dalla creatività nell’applicazione in settori diversi, e soprattutto nella “validazione tecnica” di alcuni prodotti, in particolare nell’elettronica, che grandi aziende multinazionali localizzate in Cina richiedono ai loro fornitori.
Questo importante fenomeno non è più in fase embrionale. Molte importanti aziende europee delocalizzate in Cina richiedono ai loro abituali fornitori europei di fornire i loro prodotti in loco, a prezzi competitivi con i prodotti cinesi.
La mancata risposta a tali richieste comporta due possibili risultati:
a) Il cliente europeo che produce in Cina fa crescere i fornitori cinesi;
b) il fornitore italiano continua a fornire il cliente dall’Italia, ma a prezzi cinesi.
In entrambi i casi significa una secca perdita di quote di mercato, nel secondo caso anche una drastica riduzione dei margini, che porta prima o poi a mollare l’impresa e a rassegnarsi a perdere il Cliente.
Normalmente le imprese partono con contratti OEM con fornitori cinesi, e pian piano passano ad una loro produzione diretta (all’inizio solo di assemblaggio), verificando poi che anche il mercato delle imprese cinesi è in grado di pagare il prezzo giusto per un prodotto di qualità fatto in Cina.
Le nuove società commerciali (FICE) consentono agevolmente di strutturare le modalità per gestire queste operazioni Cina su Cina, magari passando prima per una fase intermedia in cui si utilizzano assemblatori locali che possono anche essere utili per i servizi logistici e di distribuzione quando si tratti di prodotti di consumo destinati alla grande distribuzione parcellizzata in molti punti vendita all’interno del Paese.
In una fase iniziale, o per le Aziende che non vogliano, o non possano strutturarsi autonomamente, esistono ora anche alcuni servizi specifici forniti da "business platform" che si accollano tutte le attività operative per conto dell'impresa italiana, risolvendo problematiche relative a pagamenti, incassi, problematiche valutarie, amministrative e burocratiche.
giovedì 26 giugno 2008
Soon in Europe the new Roewe 750. Reason to be afraid?
China is the 3rd largest car maker and the 2nd consumer in the world. Since China entered the WTO (5 years ago), the Chinese automotive market is hugely growing. Do we have to be afraid? The Chinese automotive production has doubled in four years. The foreign investment, joint venture and different kind of agreement contributed to this growth. The biggest worldwide automobile producers don’t stop to talk about China and all of them have their associate or at least whish to have it. In addition, we can see that the Chinese n°1 car makers are foreign company like General Motor or Volkswagen. 25.69% of the production world leader Toyota is “made in China”. Moreover, this development is available also for trucks. FAW leader on the national Chinese automobile market is also n°1 in the world for truck’s production. So we can understand why big companies like Benz or Isuzu would like to be associated with FAW.
The automobile consumer’s desire of personal car is always growing. The affluence during the last Shanghai automobile show broke the record, more than 500 000 visitors on 7 days. China forecast an output around 9 million units this year (7.3 million units in 2006). From here on the end of 2010, the total output capability could reach 20 million. It means the double of the real demand. Here from on 2020, the economist forecast the automobile industry will surpass the Chinese GNP in development terms.
However, even if the Chinese industry is growing, it is not without defect. Indeed, the counterfeit automobile parts, the widespread industrial espionage and the lack of protection for intellectual property are recurring problem for which the Chinese government pretends to have few way of action.
The incomprehension from some of the Chinese manufacturers in respect to the foreigner’s society’s expectation and the lack of knowledge concerning the international quality norms can stand in the way of the business. Chinese quality products are a current topic, and seem to be reconsidered. Chinese car makers are doing a lot of effort concerning quality. Whether we compare the Chinese’s increase to the Japanese one, China realized in 4 years what Japan did in 40 years! Even China is still far from reaching the Japanese technology level, it won’t be so slow. In fact, the vehicle made in China by the foreigner company use 80% of Chinese parts against 40% the two last years. Can China be competitive with the biggest world carmakers? Brilliance Jinbei Automotive, one of the biggest Chinese automotive manufacturer is going to introduce in Europe by Germany his new « Zhonghua », Geely plans to produce 650 000 vehicles this year and to export two-thirds, in particular in USA. Others brands like Chery, Roewe will be present in the European market soon. Regarding Landwind, it already sells his 4×4 in Europe even if it failed to the “crash test” and really has some strange similarities with the Opel Frontera…
Chinese automotive industry is the pillar government industry. The government offers a financial system help to research and development, and many others fields, include exportation.
Nevertheless, this increase is not without environmental consequences. We are waiting for a bigger hybrid vehicles’ growth already proceeded by some constructors like Dongfeng, FAW, Chery, Changan… This environmental question should be treated until 2010 according to the economical experts.