giovedì 17 settembre 2009

Quattro numeri

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Crescita del PIL cinese previsto a fine 2009: +8%
Crescita del PIL italiano previsto a fine 2009: -5%

Crescita dei consumi al dettaglio in Cina a tutto Agosto 2009: +15,4%
Crescita dei consumi al dettaglio in Italia a tutto Giungo 2009: -0,4%

lunedì 4 maggio 2009

Controlli piu' severi sul Transfer Price tra Societa' Cinesi e consociate estere

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Il problema del Transfer Price tra Societa' cinesi e consociate estere deve essere attentamente verificato per evitare che le nuove restrittive modalita' di controllo da parte delle autorita' cinesi possano causare problemi. Nel numero di Maggio di China Briefing un'ampia illustrazione delle corrette modalita' di gestione di questa procedura.Il numero e' scaricabile gratuitamente dal sito China Briefing

venerdì 1 maggio 2009

Raffica di accordi commerciali tra Cina e Occidente. L' Italia, come sempre, e' fuori

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Sono stati recentemente annunciati nuovi accordi tra la Cina ed alcuni Paesi Occidentali. Dopo i recenti viaggi di delegazioni cinesi in Europa, che avevano escluso l'Italia dal tour, sono stati annunciati in questi giorni accordi con gli Stati Uniti per circa 10.6 miliardi di dollari, e di circa 13 miliardi di dollari con la Germania. L'Italia sembra non riuscire ad entrare nel giro. Dopo la prima effettiva esperienza di politiche "di sistema" da parte dell'Italia, avviata dal Governo Prodi con la visita in Cina del Settembre 2007, sembra che ora l'Italia non riesca ad agganciare le opportunita' offerte dall'economia cinese, nel momento in cui gli incentivi cinesi anti-crisi, stanno riversando sul mercato miliardi di dollari.

mercoledì 29 aprile 2009

Agevolazioni fiscali per le imprese ad Alta Tecnologia

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Dal 1 Gennaio 2008 le imprese che ottengono la classificazione di "Azienda ad Alta Tecnologia" possono godere di incentivi fiscali, fissando l'aliquota impositiva al 15% (Contro la media del 25%).Nel comtempo pero' sono state innalzate le barriere per l'ottenimento della qualifica di "Azienda ad Alta Tecnologia", con parametri molto rigidi che riguardano il collegamento diretto con la proprieta' intellettuale di un brevetto, la qualificazione dello staff e il suo impiego nel settore R & D, gli investimenti ed i ricavi nello stesso settore. Si tratta quindi di parametri piuttosto rigidi e vincolanti.

lunedì 27 aprile 2009

Management Cinese

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In molte situazioni il management Cinese diventa un problema per il controllo delle Società estere in Cina. In questo video alcuni commenti e suggerimenti.

venerdì 10 aprile 2009

Vendere in Cina. Crisi mondiale: cambiano gli scenari ed i valori, devono cambiare le strategie

Piu’ che una crisi ciclica, quella che stiamo vivendo in questi mesi, e certamente vivremo per i prossimi, e’ una rottura, un cambio di passo rispetto ai valori diffusi sui quali si sono sinora basate le strategie commerciali e di marketing, di avvicinamento ai mercati. Un cambio di passo che costringera’ le aziende (dando loro una grande opportunita’ di innovazione e di elaborazione creativa) a rivedere i propri modelli di business, sia nelle fasi di “creazione del prodotto” che nelle fasi della distribuzione. Si trattera’ quindi di un’onda culturale lunga, i cui effetti sui consumi, in termini di modalita’ e qualita’ degli stessi, si prolunghera’ ben oltre la fine della crisi, intesa come data nella quale fli indicatori avranno davanti ancora il segno piu’.
Le vendite in Cina, mercato apparentemete di salvataggio per molte aziende del Made in Italy, saranno particolarmente sensibili a questi cambiamenti. La Cina, tradizionalista e innovativa, ha antenne molto sensibili per cogliere i nuovi trend mondiali, ed anche in questa fase i giovani consumatori cinesi faranno la differenza. Scegliere le modalita’ corrette per entrare nel mercato retail cinese (che in Gennaio / Febbraio 2009 e’ cresciuto del 15%, a fronte, ad esempio, del - 4% italiano) determinera’ il successo o l’insucesso delle politiche di penetrazione delle PMI italiane sul mercato del consumo cinese.
Che cosa cambiera’ nella percezione dei consumatori, quindi? E come le aziende potranno adeguarsi alle nuove percezioni? Tentiamo una sintesi dei “valori” che si faranno strada nei consumatori, che dovranno essere usati come indicatori di marketing:
Coscienza ecologica. Tutti i mercati, sull’onda degli slogan obamiani, ma in Cina ancora da prima dell’avvento del neo-presidente americano, premieranno i prodotti ecologici. Nell’alimentare il prodotto bio (che in Cina sta erodendo forte quote di mercato al prodotto tradizionale), avra’ crescite di consumi relativamente piu’ elevate rispetto ai prodotti ottenuti con le tecniche tradizionali (inquinanti e inquinate dalla chimica), e intesi anche come prodotti salutari. Analogamente, l’abbigliamento in fibre naturali (cotone, lino, ecc.), prodotti con modalita’ “bio” saranno privilegiati dai consumatori.

Valore rispetto ad apparenza. Per decenni i consumi sono stati spinti dal valore dell’apparenza, dello status symbol non legato al valore intrinseco del prodotto (qualita’, durata, materiali, raffinatezza delle lavorazioni), ma legato esclusivamente all’abbinamento di quel prodotto con uno specifico stile di vita. Si e’ quindi aperta la strada, insieme ai veri prodotti del Made in Italy, a montagne di prodotti apparentemente rappresentativi dello stile italiano (ma fatti in Cina), ma in effetti pensati e voluti solo per sfruttare il momento buono di un trend, con scarsissimo valore intrinseco. I nuovi consumi saranno rivolti a prodotti di valore autentico, accompagnati certo da quel desideratissimo stile italiano, che conferisce loro vero valore aggiunto. Quindi prodotti di qualita’, di lunga durata, meno soggetti ai trend, commercialmente stabilizzati. Un passaggio culturale epocale, che in Cina sara’ colto in due fasi: i consumatori maturi della classe media lo coglieranno da subito, in linea con i consumatori europei e americani. I giovanissimi cinesi, peraltro importanti consumatori, ma con inferiore disposable income continueranno a consumare “trendy”, ma il cambio di passo culturale cogliera’ anche loro non appena vaglieranno la soglia della classe media.

Prezzo contro valore. La conseguenza delle considerazioni del punto precedente, e’ una maggiore attenzione al prezzo. Non si trattera’ di politiche di risparmio, ma della voglia di dare valore al denaro che si spende. Quindi meno denaro per il valore dell’apparenza, piu’ denaro per i valori intrinseci, incluso il valore dello stile italiano, piu’ denaro per prodotti durevoli, di vera qualita’.
Come si adegueranno quindi le politiche commerciali per aderire a questi nuovi trend? In molti casi non si tratta di inventare nulla, molte delle considerazioni che faremo sono normalmente utilizzate da grandi brand del Made in Italy, o dalle multinazionali. Si tratta di permettere alle PMI italiane di utilizzare strumenti analoghi, rapportati alla loro dimensione, cultura, abitudini e attitudini commerciali. Si tratta pero’ anche di un grande sforzo di innovazione culturale delle PMI, che dovranno trasformare la loro attitudine di “quieti terzisti” in capacita’ di protagonismo diretto sui mercati. Un ruolo molto forte in questa innovazione dovra’ essere svolto dalle nuove generazioni di imprenditori, i figli o nipoti dei fondatori, che dovranno aggiungere alla tradizionale capacita’ tecnica e produttiva dei padri la loro potenziale capacita’ di innovazione e modernizzazione. (In questo articolo ci occupiamo prevalentemente dei prodotti di consumo, ma per molti versi le considerazioni che stiamo facendo sono utilizzabili per molti prodotti industriali, a cui faremo cenno in seguito).


Controllo del mercato . E’ il passaggio culturalmente piu’ difficile. Le PMI italiane si sono sempre sentite “terziste” anche nei confronti degli importatori e dei distributori esteri. Questo non ha mai permesso loro di avere il controllo dei mercati esteri, sempre gestite dai distributori. Hanno quindi rinunciato completamente al controllo dei loro prodotti sui mercati esteri, delle politiche di pricing e posizionamento, e soprattutto hanno rinunciato ai lucrosi margini della distribuzione. La svolta deve consistere nella decisione di essere direttamente presente sui mercati esteri, con proprie strutture dirette di distribuzione, sia in termini di wholesale, con proprie societa’ di distribuzione o anche solo con un Ufficio di Rappresentanza, (garantendo servizio post vendita, selezionando il retail, determinando le politiche di prezzo e posizionamento, fornendo formazione al personale di vendita), o addirittura direttamente nel retail, con l’apertura di propri punti vendita diretti, operazione possibile e auspicabile in molti comparti del Made in Italy. A tutt’oggi, purtroppo le richieste che pervengono alle societa’ di consulenza commerciale in Cina sono quasi sempre rivolte alla “ricerca di un importatore”. La nuova strada non e’ ancora stata presa.

Investimenti diretti nel commerciale. Le considerazioni del punto precedente implicano un capovolgimento delle priorita’ negli investimenti. Le nostre PMI non esitanto un momento ad acquistare una nuova macchina o un impianto per migliorare la produzione, anche con investimenti importanti e costosi, ma sono assolutamente riluttanti ad investire cifre, anche modeste, per l’avvio di strutture commerciali all’estero, e soprattutto per pagare risorse umane qualificate capaci di gestire tali attivita’, che le risorse normalmente presenti in queste aziende non riescono a gestire, non avendone le competenze.

Costruire nicchie vere. Sulle nicchie si e’ detto e scritto molto. Le aziende capaci di lavorare in nicchie vere sono pero’ una rarita’. Nelle nicchie si entra ovviamente grazie alla creativita’, all’esclusivita’, alla capacita’ di cogliere tendenze e di anticiparle, ma, soprattutto nel settore industriale, nelle nicchie vere si entra con la ricerca e lo sviluppo, e la capacita’ di innalzare barriere vere di accesso alla competenza asiatica. Se la nostra “nicchia” entra in competizione con la produzione asiatica, non siamo piu’ nella nicchia, dobbiamo cercarla piu’ avanti, piu’ in alto.

Risorse umane, formazione e innovazione. E’ in sostanza la sintesi degli elementi sopra descritti. Senza investimenti in risorse umane e nella loro formazione, non si fa innovazione, e non ci si muove nel mercato globale.

Interculturalita’ e internazionalizzazione. Uscire dalla provincia, accettare il confronto con altri mondi e cogliere quello di buono che ci offrono. La vera internazionalizzazione non passa solo attraverso tecniche industriali e commerciali, che ovviamente sono necessarie, ma sono sterili e improduttive se non sono filtrate dal concetto di interculturalita’, che permette di vivere il mondo come casa nostra.

Incollati al Made in Italy. Mantenere e rinsaldare il rapporto vero con lo stile, la tradizione, la bellezza e il gusto italiano. Non ha piu’ molta importanza dove si produce. Molto importante e’ dove il prodotti si pensa, si progetta, si elabora e si innova. Il cuore soft del prodotto deve essere italiano. La capacita’ di trasmettere a prima vista questo valore e’ un plus determinante in Cina, ma in tutto il mondo che apprezza l’italian style.

mercoledì 1 aprile 2009

Accordo di collaborazione tra China Shipping Agency e Keen Score International

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China Shipping Agency e Keen Score International hanno sottoscritto un accordo per la promozione dei servizi di trasporto via mare verso le imprese italiane in Cina, o che importano ed esportano dalla Cina.
L'accordo rientra nel quadro del potenziamento del marketing internazionale di China Shipping, e garantira' alle imprese italiane un canale preferenziale di accesso ai servizi mare forniti da China Shipping Agency.

giovedì 26 marzo 2009

I Cinesi a caccia di "teste" straniere

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Riprendo da China Briefing http://www.china-briefing.com/ e lascio in inglese, questo interessante articolo su come il Governo cinese si muove per modernizzare e occidentalizzare l'economia.

Program to Offer Subsidies for Foreign Experts
Mar. 23 - The Organizational Department of the Communist Party of China Central Committee has launched a program that would pay roughly US$146,000 or one million yuan in subsidies each for foreign senior company officials, patent holders and entrepreneurs willing to work and share their technical knowledge.
The package will also include allotment for medical care and pensions, reports
Xinhua.
Hiring qualified people has been a problem for both local and international firms working in China as companies struggle to fill strategic positions because of a skills gap in the country’s labor market.
For the past years, Beijing has been trying to attract skilled Chinese immigrants to go home by offering stipends and financial aid.
The new program is looking into hiring 1,000 foreign experts aged 55 or younger that are willing to stay in the country for half a year or longer. Applicants must have the academic title equivalent to a professor, or currently work as a senior managing staff with a famous international company or banking institution.
People who have developed technologies or patents are also welcome to apply in addition to entrepreneurs well-versed with the international rules of a certain industry.
The foreign experts will be tasked to lead colleges, research institutes, state-owned companies, banking institutions and research programs.
Interested applicants can send their application to the Ministry of Human Resources and Social Security, the State Administration of Foreign Experts Affairs, the All-China Youth Federation, the China Association for Science and Technology and the Western Returned Scholars Association. Institutions involved in central government-funded innovation programs, laboratories, companies or state-owned banking institutions and high-tech parks will also be accepting applications.

Forum a Milano: Investire in Cina dopo la crisi. Come cambiano gli scenari

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Segnalo il Forum del 20 Maggio a Milano, organizzato dall"Editrice LE FONTI.
INVESTIRE IN CINA DOPO LA CRISI, COME CAMBIANO GLI SCENARI

Tutte le informazioni al sito
http://www.editricelefonti.it/forumcina/

Vendere in Cina. Lezioni on line dal vivo

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A partire dal 10 Aprile il nuovo Corso on line dal vivo sulle Vendite in Cina. Con la modalita' innovativa del WEB SEMINAR, di facilissimo accesso, senza scaricare alcun software, potrete seguire le lezioni in diretta audio e video, e contemporaneamente visualizzare le slides. Possibile anche registrare le lezioni.
Per tutti i dettagli:
http://www.keenscore.com/webseminar.htm

Vendite al dettaglio in Cina. La crisi non ferma i consumi

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Continuo ad aggiornare la situazione del mercato retail in Cina. A fronte di un aumento dei consumi del 20% nel 2008, i primi due mesi del 2009 hanno registrato un aumento superiore al 15%. Si tratta di un "rallentamento" della crescita, ma a fronte dei dati sui consumi europei e americani, si tratta comunque di una grande crescita. Il mercato al consumo cinese continua a rappresentare un grande sbocco per i prodotti occidentali.

giovedì 26 febbraio 2009

Affari con la Cina: L'Italia non c'e'

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Riprendo da REPUBBLICA ON LINE di oggi lo sconfortante articolo sugli affari Europei in Cina.

Affari con la Cina , l'Italia non c'è.
Dieci miliardi di contratti firmati in Germania: è il primo risultato concreto della tournée di grandi imprenditori cinesi in visita in questi giorni in quattro paesi europei (oltre alla Germania anche Inghilterra, Spagna e Svizzera). La delegazione era stata annunciata dal premier cinese Wen Jiabao in occasione del suo viaggio ufficiale in Europa a fine gennaio. Si conferma la volontà di Pechino di apparire come un partner benefico in tempi di crisi, usando una parte delle ricchezze cinesi per "redistribuirle" in Occidente e frenare così le nostre tentazioni protezioniste. L'Italia non figura in questo itinerario.

domenica 8 febbraio 2009

Crisi, Made in Italy da (ri) fabbricare

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"La Crisi", come oramai viene definita in maniera semplicistica, avra' almeno il merito di far emergere i grandi vincoli-freni culturali e industriali delle imprese italiane e del loro management, ammesso che cosi' si possa definire la folta schiera di self-home-made-imprenditori e della ancora maggiore schiera di figli catapultati dentro ad un comodo posto in Consiglio di Amministrazione con qualche incarico operativo per il quale molto spesso non hanno avuto alcuna preparazione specifica.


Dal nostro osservatorio cinese ci stavamo aspettando un ripensamento strategico sul ruolo dei mercati asiatici come grandi mercati di sbocco commerciale, una creativa rielaborazione delle strategie di internazionalizzazione, una disponibilita' ad imparare gli approcci corretti per l'entrata in questi Paesi, e ad investire per recuperare in Asia le quote di mercato che nel resto del mondo stanno drammaticamente crollando.


Ma non sta succedendo questo. In effetti assistiamo ad un vero tentativo di arrembaggio alla Cina, con la pretesa di recuperare in due / tre mesi, un cronico ritardo decennale. Naturalmente non funziona. Riceviamo quasi quotidianamente mail e telefonate di imprese che vorrebbero "vendere cin Cina", e, per prassi aziendale rispondiamo correttamente a tutti, informandoli pero' onestamente sulle difficolta', sui tempi, sulle necessita' di investimento, sulla necessita' di strutturare una presenza stabile sul territorio, con il conseguente investimento in risorse umane.


I ritorni che abbiamo sono veramente poco edificanti. Citando a caso alcuni recenti episodi, tentiamo di fare alcuni esempi:


1. Una piccola azienda nel settore accessori moda, rifiuta, dopo molti ripensamenti, di investire 10.000 Euro per partecipare ad un progetto consortile finanziato a 50% dalla Regione per la penetrazione commerciale in Cina. L'Azienda ha sempre lavorato per conto di griffe del Made in Italy, che ora hanno tagliato i cordoni della borsa, e producono in proprio, o in outsourcing in Asia. Era l'occasione per avviare, a costi bassissimi, un progetto di penetrazione commerciale in Cina. Azienda familiare, con un figlio giovane e brillante che non avrebbe pero' alcuna voglia di farsi qualche (frequente) viaggio in Asia. Sui mercati tradizionali, l'Azienda, senza un proprio marchio e con nessuna struttura distributiva, e' destinata a chiudere. Non sanno nulla dell'Asia. Vorrebbero semplcemente "vendere", ma da soli non avranno la forza per farlo. Il destino e' segnato.


2. Una media azienda, molto ben governata, con grandi competenze tecniche nel settore impiantistico e industriale, ha visto tagliate le commesse del 50%. In Italia non si costruiscono piu' fabbriche, e le manutenzioni agli impianti si sono ridotte moltissimo. Sanno che in Cina c'e' un grande mercato in questo settore, ma e' presidiato da Giapponesi, Tedeschi, Coreani, e non hanno alcuna possibilita' di scalzarli se non cominciando a rosicchiare pian piano quote di mercato, piazzando un Ufficio di Rappresentanza in Cina, assumendo un bravo ingegnere che funge da tecnico-commerciale, e iniziando a replicare il modello di business che li ha resi cosi forti in Italia.


L'imprenditore, nel corso del colloquio, mi confessa di aver deciso, alcuni anni fa, di rinunciare a commesse fuori regione, che tanto, di lavoro di fare nella Provincia ce n'era a iosa.


L'idea di avviare un business in Cina, sul modello da me proposto, e' lontana mille miglia dalle sue ipotesi. Hanno in Azienda il figlio trentenne di uno dei soci, ma l'idea di spedirlo in Cina per avviare il business non viene nemmeno considerata. Forse non parla inglese? Forse non viene considerato all'altezza? Non so. Di certo recuperare il calo di commesse sul mercato italiano o europeo appare una chimera. L'imprenditore ne e' conspevole, ma non riesce ad elaborare una strategia alternativa. Destino segnato? Spero di no. Ci lavorano ottanta persone.


3. Il vino italiano. Recentemente le esportazioni di vino italiano in Cina stanno crescendo al galoppo, provocando una velleitaria corsa alla Cina da parte degli innumerevoli produttori italiani. Anche in questo caso, molta improvvisazione, scarsa o nulla conoscenza del mercato, richieste di "trovare un importatore". Le nostre proposte sono sempre molto piu' complesse, e riguardano il posizionamento del marchio, il controllo diretto sulla distribuzione, la necessita' di inquadrare la vendita nel conceto di "Italian lifestyle", con annessi e connessi, inclusa l'attivita' di "educazione del gusto dei cinesi". Anche qui quindi, struttura nel Paese, investimenti, risorse umane. Riscontro quasi zero.


Pare quasi che il "guizzo creativo" degli Italians, la capacita' di azione rapida, la visione lunga, siano sensi assopiti dalla crisi. I grandi brand del Made in Italy sono in buona parte passati sotto il controllo di "equity fund", poco interessati a sviluppo, marchio, occupazione, ma ovviamente molto piu' interessati ai margini a breve (o alla riduzione delle perdite).


Grandi esperienze, anni di lavoro per la costruzione di reputazioni affidabile sui mercati internazionali, tradizioni artigianali di altissimo livello, gusto e raffinatezza dei prodotti fashion, antichi valori della tradizione agricola e del cibo italiano, sembrano seppelliti sotto una coltre di immobilismo che costringera', nel breve, alla (ri) fabbricazione del Made in Italy

lunedì 26 gennaio 2009

Cina e crisi mondiale. I 36 stratagemmi tornano utili?

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Come ho sempre sostenuto, economia, societa', cultura e storia cinese sono un intreccio indistinguibile, e ognuno di questi elementi ha riflessi sugli altri. Non si capisce l'economia cinese senza conoscere la storia e la cultura di questo Paese. Cultura e storia in Cina sono catalizzatori e "booster" dell'economia, anche quando, ad una analisi superficiale, non si distinguono questi elementi nello sviluppo economico, o nella complessa e schizofrenica realta' sociale cinese. Questi aspetti sono stati in molti casi una ragione, non riconosciuta, (la cosa peggiore e' proprio "non sapere di non sapere") di disfatte, incomprensioni, abbandono del campo da parte di molte imprese europee.

Ora ci si mette anche la crisi, ed in questo scenario ritorna forse utile richiamarci alle antiche strategie cinesi, spacciate o camuffate da strategie militari (anche questo forse e' uno stratagemma), ma forse utili per leggere la crisi, e affrontarla con la visione e la strategia dei cinesi. Le basi culturali delle strategie cinesi sono innumerevoli. Da "L'arte della guerra", al "Libro dei cambiamenti", (l’Yi Jing) fino a "I 36 stratagemmi", risalente probabilmente alla dinastia dei Ming (1366-1610), e probabilmente scritto da monaci guerrieri.
Strategie e stratagemmi nella cultura cinese sono intrecciate, si sviluppano, sostengono e giustificano a vicenda.

Con una operazione certamente semplicistica, scorporiamo dal tutto solo alcuni degli stratagemmi cinesi, per capire se e come la storia e le modalita' culturali cinesi potrebbero aiutare ad assumere decisioni e disegnare strategie rispetto alle problematiche della crisi globalizzata.
Il concetto fondamentale di questi stratagemmi, come delle strategie cinesi in generale, è "l'arte di vincere il nemico senza opporvisi", cioè la capacità di entrare in sintonia con le leggi della natura e della vita, per volgerle a proprio vantaggio con il minimo sforzo. Si tratta della stessa filosofia che ispira alcune delle arti marziali in cui chi attacca finisce per essere vittima della sua stessa forza, che gli viene rivolta contro attraverso uno spostamento di equilibrio e un unico gesto. Significa in sostanza seguire a fondo "i cicli". Anche quando sono sfavorevoli, le contingenze presentano sempre opportunita'.
Non a caso il concetto di "crisi" in cinese si traduce con due ideogrammi 危機, il primo, 危 wei, significa pericolo. Il secondo, 機 ji, significa opportunita'. Basterebbe questo per dare una sintesi di come i cinesi vedono le cose.

Consapevole dei "rischi culturali" che mi assumo con questo uso improprio, e magari anche approssimativo, degli stratagemmi, scusandomene quindi con i "cultori ortodossi", proviamo ad esemplificare l'uso di alcuni di questi nella realta' economica di cui mi occupo: le strategie di internazionalizzazione.

Il Secondo stratagemma sostiene: "Assediare Wei per salvare Zhao”: è più saggio sferrare un attacco quando le forze nemiche sono disperse. I nostri concorrenti internazionali sui mercati mondiali non hanno avuto bisogno di usare questo stratagemma. Il "sistema Italia" nel mondo e' "disperso" da sempre. I concorrenti hanno solo dovuto aspettare i frutti della situazione.

Il Quinto stratagemma sostiene: "Approfittare dell'incendio per darsi al saccheggio”: attaccare direttamente il nemico, quando si trova in un momento critico. La crisi internazionale e' un momento molto critico per tutti, inclusi i concorrenti cinesi, che in molti casi non hanno avuto il tempo di consolidare strategie di marketing internazionale, di dare spessore qualitivo adeguato ai loro prodotti, di formare, consolidare e irrobustire le Risorse Umane. In questa fase possono uscire i grandi vantaggi della storia europea, fatta di qualita', immagine, forza commerciale. I cinesi per un po' saranno impegnati a leccarsi le ferite industriali derivate dall'aver concentrato gli sforzi sulla manifattura per conto terzi. Supereranno le difficolta', ma il Sistema Italia ha davani un momento (ma sara' solo un breve momento) per sfruttare al massimo i propri "plus", magari acquisendo concorrenti cinesi in difficolta', o investendo nel sistema distributivo.

In questa logica, possiamo usare anche il Sesto strategemma: "Clamore a Oriente, attacco a Occidente”: attaccare quando il nemico perde il controllo ed è nella confusione", e l'Ottavo: “Avanzare di nascosto verso Chenchang”: attaccare di sorpresa, di soppiatto.

Continuando con questa inusitata (e spregiudicata) modalita' di interpretazione della cultura cinese, possiamo citare il 23.mo stratagemma: “Allearsi ai lontani per attaccare i vicini”: è più facile conquistare i nemici vicini che i lontani. E per far questo ci si può alleare temporaneamente con i nemici lontani".

La battaglia commerciale e industriale tra le imprese occidentali oggi si combatte in Asia. Molte aziende tedesche, francesi, americane, hanno struttuato da anni la loro presenza in questo continente, creando alleanze, esperienze, potenzialita' che hanno puntualmente sfruttato per combattere le battaglie commerciali in occidente, mietendo vittime illustri anche tra le realta' industriali del Bel Paese.

Per finire, cito forse lo stratagemma che piu' sintetizza la mia idea rispetto ai concetti di internazionalizzazione delle economie: il 30.mo: "Mutarsi da ospite in padrone di casa”: estendere abilmente la propria influenza nel nemico, mettendolo finalmente sotto il vostro controllo.

L'applicazione di questo stratagemma, che in realta' e' un risultato delle strategie messe in atto, sinifica proprio passare da un concetto di internazionalizzazione "spot", quindi superficiale, senza impegno, con visione a breve, ad un concetto strategico di internazionalizzazione, in base al quale il mondo intero diventa casa nostra, e nel quale ci sentiamo "a casa". Un concetto molto difficile per le piccole e medie imprese italiane, nate e cresciute spesso in realta' provinciali nelle quali si sono arroccate, lasciando ad altri il controllo di un mondo esterno (in particolare del mondo asiatico), senza accorgersi che le leve del mondo, manovrate dalle industrie, dai grandi flussi finanziari e dalle oculate politiche governative dei Paesi asiatici, si stavano spostando da occidente ad oriente. Le strategie delle imprese italiane all'estero si sono spesso ridotte ad essere "ospiti" nei vari Paesi, altre economie hanno consolidato le presenze fino ad essere "padroni di casa" in molti settori industriali asiatici. Hanno piantato radici, ora trattano alla pari "con il nemico"

venerdì 23 gennaio 2009

Asia: le opportunita' della crisi

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Che l'Asia stia soffrendo la crisi economica e finanziaria mondiale, non vi sono dubbi. La chiusura di DECORO a Shenzhen (uno dei maggiori investimenti italiani in Cina), considerato il piu' grande produttore mondiale di divani, con un fatturato di circa 500 milioni di Euro, che ha deciso in questi giorni di mettere in liquidazione l'azienda, ne e' un caso emblematico.

Ma i cinesi dicono che tutte le nuvole hanno una linea argentata, e questo sembra quanto mai vero sui mercati asiatici.
Nel corso di una indagine di mercato che stiamo conducendo in Vietnam per conto di un importante gruppo industriale italiano in questi giorni, mi e' tornata alla mente piu' volte una citazione, a cui non so piu' attribuire la paternita', ma che trovo molto adatta alla attale situazione economica: "Esistono due tipi di aziende, quelle veloci e quelle morte".
La reattivita' sui mercato, la velocita' di decisioni strategiche, la flessibilita' mentale di manager e imprenditori si sta rivelando la chiave per uscire dalla crisi. Le imprese "veloci" stanno utilizzando la crisi spostando il focus sui mercati di grande espansione, bilanciando il peso della recessione sui mercati occidentali. Il Vietnam, secondo uno studio di un importante centro ricerche, crescera' in media del 9% nei prossimi dieci anni. Lo stesso studio sostiene che il consumatore vietnamita sceglie ancora, nel 70% dei casi, sulla base del prezzo, ma che la sensibilita' verso i Marchi e verso il rapporto prezzo/qualita' sta crescendo vertiginosamente, in parallelo con la crescita della classe media.
Il mercato al consumo per il prodotto italiano in Vietnam appare immenso, ma le difficolta' di accesso a questo mercato (finanziarie, culturali, logistiche), e la necessita' di investire a medio termine frenano le mosse delle PMI italiane.
Altri nostri clienti stanno usando la crisi per strutturarsi in maniera pesante sul mercato cinese, acquisendo, a prezzi molto convenienti, aziende di produzione in difficolta' per il calo drammatico degli ordini dagli USA.
La crescita della Cina nel 2008 (dato ufficiale di pochi giorni fa) e' stata del 9%. Si tratta del primo anno di crescita sotto il 10% dopo tanti anni di crescita a doppia cifra, ma e' pur sempre un 9%, e tutte le previsioni per il 2009 danno la crescita cinese intorno all'8%. In calo si, ma e' una "crescita" in calo, non e' recessione.
Ma soprattutto, il contenuto della crescita cinese e' dato per la prima volta in buona parte dai consumi interni, e molto meno dalle esportazioni, in linea con la proclamata strategia del governo cinese. I 600 miliardi di dollari che il governo cinese ha messo a disposizione per fronteggiare la crisi, non andranno a coprire perdite di banche e istituti finanziari (come succede per i fondi USA) ma sono denaro fresco sul mercato. Il che significa maggiore disponibilita' di disposable income per i cinesi, quindi maggiori consumi interni.
In questo quadro le imprese veloci stanno sfruttando la situazione in maniera straordinaria. Un importante gruppo italiano nel settore moda, ha aperto 400 punti vendita in Cina in 4 anni, con marchio cinese e styling italiano, (la mia teoria dell' Italian Style - China Made applicata perfettamente), posizionando i prezzi al livello corretto (e molto profittevole) rispetto ai consumatori medi cinesi.
Fuori da queste realta', rischiamo aziende morte o moribonde. Nelle ultime settimane riceviamo una quantita' enorme di richieste di PMI italiane che richiedono assistenza per entrare nel mercato cinese del consumo. Poche di queste hanno una qualche consapevolezza dei tempo, investimenti, pianificazioni necessarie per farlo. Nella maggior parte sembrano richieste di soccorso. I loro principali clienti si sono spostati con le produzioni in Asia, e queste aziende non sono state abbastanza veloci, o capaci, nel seguire questi spostamenti, con il risultato che ci si trova improvvisamente senza ordini, essendo calati i sostituti europei e americani.
Queste imprese non hanno futuro in Asia. Mancano prospettive strategiche, capacita' o volonta' di investimento (margini e cash flow sono stati erosi nel vano tentativo di fronteggiare la concorrenza asiatica a colpi di sconti e tagli dei margini).
Manca la capacita' di aggregare filiere e di fare fronte comune, ottimizzando le risorse per tagliare i costi e ridurre l'impatto degli investimenti. Manca, e' vero, anche una politica pubblica di indirizzo, spesso orientata alle grandi imprese e poco attenta alle esigenze delle PMI.
In Vietnam sembra che ICE, Governo e Confindustria si stiano impegnando in maniera diversa. Alcuni recenti accordi tendono a favorire le filiere produttive dove i nostri distretti possono inserirsi, e attraverso questi interventi potremmo probabilmente vendere la nostra merce piu' preziosa: il know how in termini di tecnologia, estetica, bellezza, stile italiano. In tutti i settori.



venerdì 16 gennaio 2009

Made in Italy nel paniere dei regali per il Capodanno Cinese

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Nella tradizione dei regali per il capodanno cinese, il regalo di cibo ha una lunga storia. Si regalano soprattutto dolci, ma anche cibi particolari. Quest'anno avremo certamente un po' piu' di Made in Italy nel paniere dei regali. Ho accompagnato la General Manager di una importante Societa' cinese ad acquistare i regali per i 20 collaboratori del suo Ufficio. Intendeva acquistare olio d'oliva! (Come cambiano i tempi). Nel grande supermercato popolare cinese, lo scaffale dell'olio d'oliva e' decisamente molto piu' grande di qualche anno fa. Spagnoli e cinesi la fanno da padroni, insieme a pochi marchi italiani. La decisione su quale olio comprare non e' stata semplice, lunghe discussioni con le commesse su prezzi e confezioni-regalo, ma niente sulla qualita'. Ho cercato allora di spiegare alla manager che avrebbe dovuto comprare olio d'oliva extravergine italiano. Il marchio piu' interessante era OLIVOILA, sconosciuto in Italia ma molto noto in Cina. Tutti gli altri marchi italiani presenti erano comuqu di aziende a proprieta' spagnola. Una mezz'oretta a spiegare che avrebbe fatto bella figura (l'Italia fa sempre status), che cosa significava la scritta "Extra Virgin", che cosa significava spremuto a freddo, e quanto siamo bravi noi a fare l'olio. Alla fine e' andata, 20 bottiglie vendute! Impacchettamento-regalo e via ! Una piccola soddisfazione nazionalistica, anche se poi scopro che, pur riportando l'etichetta "Origine Italiana", l'olio e' venduta da una multinazionale olandese, e, a quanto capisco dall'etichetta, e' "confezionato in Cina". Chissa' cosa significa. Forse solo che noi siamo tanto bravi a fare eccellenti materie prime agro-alimentari, ma quanto al marketing..

Ancora sul vino in Cina. I cinesi stanno imparando

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In primo piano la figura di Judy Leissner, una intraprendente manager cinese che sei anni fa ha fondato l'azienda vinicola Grace Vineyard (怡园酒庄).

Leggete l'articolo (in inglese) pubblicato da China International Business

domenica 11 gennaio 2009

Chiude la Iris Ceramica. Colpe alla "Valanga Cinese"

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Chiude la Iris Ceramica di Sassuolo, terzo gruppo italiano nel settore ceramica, 500 milioni di fatturato, oltre 700 dipendenti a casa. Ho informazioni solo da organi di stampa, che riportano le motivazioni per la messa in liquidazione volontaria.
Le ragioni di questa decisione, secondo queste fonti, vengono fatte risalire alla crisi mondiale e, naturalmente, alla valanga cinese, che hanno fatto crollare le vendite di oltre il 50%.
Leggo anche, dalle stesse fonti, che si sono recentemente investiti 6 milioni per ristrutturare uno stbilimento dedicato alla produzione del terzo fuoco (una lavorazione particolare della ceramica, di particolare pregio e valore).

Essendoci occupati approfonditamente, come Societa', del prodotto "terzo fuoco" in Cina, per conto di un'zienda italiana del settore, ed avendo verificato che il costo della produzione cinese del terzo fuoco va dal 10 al 30% di quello italiano, mi chiedo se investire in questo settore in Italia avesse effettivamente un significato economico. Battere la concorrenza cinese in questo settore e' del tutto improponibile, mentre la si puo' battere (collaborando con i cinesi), puntando sul vero valore del Made in Italy: lo stile, il design, la creativita', l'estetica.

Da tempo vado diffondendo il concetto di Italian Style - China Made, capace di mantenere attive le imprese italiane, valorizzando il Made in Italy, riconvertendo i dipendenti dalla produzione ai settori "software" della catena industriale.

Questo concetto richiede alcune riflessioni importanti nel sistema industriale italiano:

1. Il Made in Italy non significa per forza produrre in Italia. Il vero valore e' lo stile e la bellezza. Investire in produzione potrebbe non essere la strada giusta

2. Investire in formazione, riconversione, sviluppo commerciale, marketing e sinergie internazionali, puo' essere una chiave vincente

3. Riconoscere che il sistema industriale cinese ha fatto passi da giganti sul piano della qualita' del prodotto, creando una fortissima concorrenza internazionale. Pochi invece i passi in direzione dello stile, del design, dell'appeal estetico. Questo ritardo cinese e' ben noto ai cinesi stessi, sanno che copiare non basta.
Questo ritardo e' uno spazio vitale per le imprese italiane del Made in Italy, che pero' non sembrano ancora attrezzate per occuparlo.

Cito spesso il caso del settore sportware di Montebelluna (Treviso), una concentrazione industriale in un distretto verticalizzato (molto simile a quello di Sassuolo) nel settore della calzatura e dell'abbigliamento sportivo. La riconversione dalla produzione (trasferita tutta in Asia) e' iniziata molti anni fa. In questo periodo il distretto (e la sua occupazione) ha tenuto perfettamente, mantenendo il marchio di Montebelluna ai vertici mondiali, competendo alla pari con i grandi competitor mondiali americani e tedeschi.