venerdì 23 gennaio 2009

Asia: le opportunita' della crisi

.

Che l'Asia stia soffrendo la crisi economica e finanziaria mondiale, non vi sono dubbi. La chiusura di DECORO a Shenzhen (uno dei maggiori investimenti italiani in Cina), considerato il piu' grande produttore mondiale di divani, con un fatturato di circa 500 milioni di Euro, che ha deciso in questi giorni di mettere in liquidazione l'azienda, ne e' un caso emblematico.

Ma i cinesi dicono che tutte le nuvole hanno una linea argentata, e questo sembra quanto mai vero sui mercati asiatici.
Nel corso di una indagine di mercato che stiamo conducendo in Vietnam per conto di un importante gruppo industriale italiano in questi giorni, mi e' tornata alla mente piu' volte una citazione, a cui non so piu' attribuire la paternita', ma che trovo molto adatta alla attale situazione economica: "Esistono due tipi di aziende, quelle veloci e quelle morte".
La reattivita' sui mercato, la velocita' di decisioni strategiche, la flessibilita' mentale di manager e imprenditori si sta rivelando la chiave per uscire dalla crisi. Le imprese "veloci" stanno utilizzando la crisi spostando il focus sui mercati di grande espansione, bilanciando il peso della recessione sui mercati occidentali. Il Vietnam, secondo uno studio di un importante centro ricerche, crescera' in media del 9% nei prossimi dieci anni. Lo stesso studio sostiene che il consumatore vietnamita sceglie ancora, nel 70% dei casi, sulla base del prezzo, ma che la sensibilita' verso i Marchi e verso il rapporto prezzo/qualita' sta crescendo vertiginosamente, in parallelo con la crescita della classe media.
Il mercato al consumo per il prodotto italiano in Vietnam appare immenso, ma le difficolta' di accesso a questo mercato (finanziarie, culturali, logistiche), e la necessita' di investire a medio termine frenano le mosse delle PMI italiane.
Altri nostri clienti stanno usando la crisi per strutturarsi in maniera pesante sul mercato cinese, acquisendo, a prezzi molto convenienti, aziende di produzione in difficolta' per il calo drammatico degli ordini dagli USA.
La crescita della Cina nel 2008 (dato ufficiale di pochi giorni fa) e' stata del 9%. Si tratta del primo anno di crescita sotto il 10% dopo tanti anni di crescita a doppia cifra, ma e' pur sempre un 9%, e tutte le previsioni per il 2009 danno la crescita cinese intorno all'8%. In calo si, ma e' una "crescita" in calo, non e' recessione.
Ma soprattutto, il contenuto della crescita cinese e' dato per la prima volta in buona parte dai consumi interni, e molto meno dalle esportazioni, in linea con la proclamata strategia del governo cinese. I 600 miliardi di dollari che il governo cinese ha messo a disposizione per fronteggiare la crisi, non andranno a coprire perdite di banche e istituti finanziari (come succede per i fondi USA) ma sono denaro fresco sul mercato. Il che significa maggiore disponibilita' di disposable income per i cinesi, quindi maggiori consumi interni.
In questo quadro le imprese veloci stanno sfruttando la situazione in maniera straordinaria. Un importante gruppo italiano nel settore moda, ha aperto 400 punti vendita in Cina in 4 anni, con marchio cinese e styling italiano, (la mia teoria dell' Italian Style - China Made applicata perfettamente), posizionando i prezzi al livello corretto (e molto profittevole) rispetto ai consumatori medi cinesi.
Fuori da queste realta', rischiamo aziende morte o moribonde. Nelle ultime settimane riceviamo una quantita' enorme di richieste di PMI italiane che richiedono assistenza per entrare nel mercato cinese del consumo. Poche di queste hanno una qualche consapevolezza dei tempo, investimenti, pianificazioni necessarie per farlo. Nella maggior parte sembrano richieste di soccorso. I loro principali clienti si sono spostati con le produzioni in Asia, e queste aziende non sono state abbastanza veloci, o capaci, nel seguire questi spostamenti, con il risultato che ci si trova improvvisamente senza ordini, essendo calati i sostituti europei e americani.
Queste imprese non hanno futuro in Asia. Mancano prospettive strategiche, capacita' o volonta' di investimento (margini e cash flow sono stati erosi nel vano tentativo di fronteggiare la concorrenza asiatica a colpi di sconti e tagli dei margini).
Manca la capacita' di aggregare filiere e di fare fronte comune, ottimizzando le risorse per tagliare i costi e ridurre l'impatto degli investimenti. Manca, e' vero, anche una politica pubblica di indirizzo, spesso orientata alle grandi imprese e poco attenta alle esigenze delle PMI.
In Vietnam sembra che ICE, Governo e Confindustria si stiano impegnando in maniera diversa. Alcuni recenti accordi tendono a favorire le filiere produttive dove i nostri distretti possono inserirsi, e attraverso questi interventi potremmo probabilmente vendere la nostra merce piu' preziosa: il know how in termini di tecnologia, estetica, bellezza, stile italiano. In tutti i settori.



Nessun commento:

Posta un commento