venerdì 10 aprile 2009

Vendere in Cina. Crisi mondiale: cambiano gli scenari ed i valori, devono cambiare le strategie

Piu’ che una crisi ciclica, quella che stiamo vivendo in questi mesi, e certamente vivremo per i prossimi, e’ una rottura, un cambio di passo rispetto ai valori diffusi sui quali si sono sinora basate le strategie commerciali e di marketing, di avvicinamento ai mercati. Un cambio di passo che costringera’ le aziende (dando loro una grande opportunita’ di innovazione e di elaborazione creativa) a rivedere i propri modelli di business, sia nelle fasi di “creazione del prodotto” che nelle fasi della distribuzione. Si trattera’ quindi di un’onda culturale lunga, i cui effetti sui consumi, in termini di modalita’ e qualita’ degli stessi, si prolunghera’ ben oltre la fine della crisi, intesa come data nella quale fli indicatori avranno davanti ancora il segno piu’.
Le vendite in Cina, mercato apparentemete di salvataggio per molte aziende del Made in Italy, saranno particolarmente sensibili a questi cambiamenti. La Cina, tradizionalista e innovativa, ha antenne molto sensibili per cogliere i nuovi trend mondiali, ed anche in questa fase i giovani consumatori cinesi faranno la differenza. Scegliere le modalita’ corrette per entrare nel mercato retail cinese (che in Gennaio / Febbraio 2009 e’ cresciuto del 15%, a fronte, ad esempio, del - 4% italiano) determinera’ il successo o l’insucesso delle politiche di penetrazione delle PMI italiane sul mercato del consumo cinese.
Che cosa cambiera’ nella percezione dei consumatori, quindi? E come le aziende potranno adeguarsi alle nuove percezioni? Tentiamo una sintesi dei “valori” che si faranno strada nei consumatori, che dovranno essere usati come indicatori di marketing:
Coscienza ecologica. Tutti i mercati, sull’onda degli slogan obamiani, ma in Cina ancora da prima dell’avvento del neo-presidente americano, premieranno i prodotti ecologici. Nell’alimentare il prodotto bio (che in Cina sta erodendo forte quote di mercato al prodotto tradizionale), avra’ crescite di consumi relativamente piu’ elevate rispetto ai prodotti ottenuti con le tecniche tradizionali (inquinanti e inquinate dalla chimica), e intesi anche come prodotti salutari. Analogamente, l’abbigliamento in fibre naturali (cotone, lino, ecc.), prodotti con modalita’ “bio” saranno privilegiati dai consumatori.

Valore rispetto ad apparenza. Per decenni i consumi sono stati spinti dal valore dell’apparenza, dello status symbol non legato al valore intrinseco del prodotto (qualita’, durata, materiali, raffinatezza delle lavorazioni), ma legato esclusivamente all’abbinamento di quel prodotto con uno specifico stile di vita. Si e’ quindi aperta la strada, insieme ai veri prodotti del Made in Italy, a montagne di prodotti apparentemente rappresentativi dello stile italiano (ma fatti in Cina), ma in effetti pensati e voluti solo per sfruttare il momento buono di un trend, con scarsissimo valore intrinseco. I nuovi consumi saranno rivolti a prodotti di valore autentico, accompagnati certo da quel desideratissimo stile italiano, che conferisce loro vero valore aggiunto. Quindi prodotti di qualita’, di lunga durata, meno soggetti ai trend, commercialmente stabilizzati. Un passaggio culturale epocale, che in Cina sara’ colto in due fasi: i consumatori maturi della classe media lo coglieranno da subito, in linea con i consumatori europei e americani. I giovanissimi cinesi, peraltro importanti consumatori, ma con inferiore disposable income continueranno a consumare “trendy”, ma il cambio di passo culturale cogliera’ anche loro non appena vaglieranno la soglia della classe media.

Prezzo contro valore. La conseguenza delle considerazioni del punto precedente, e’ una maggiore attenzione al prezzo. Non si trattera’ di politiche di risparmio, ma della voglia di dare valore al denaro che si spende. Quindi meno denaro per il valore dell’apparenza, piu’ denaro per i valori intrinseci, incluso il valore dello stile italiano, piu’ denaro per prodotti durevoli, di vera qualita’.
Come si adegueranno quindi le politiche commerciali per aderire a questi nuovi trend? In molti casi non si tratta di inventare nulla, molte delle considerazioni che faremo sono normalmente utilizzate da grandi brand del Made in Italy, o dalle multinazionali. Si tratta di permettere alle PMI italiane di utilizzare strumenti analoghi, rapportati alla loro dimensione, cultura, abitudini e attitudini commerciali. Si tratta pero’ anche di un grande sforzo di innovazione culturale delle PMI, che dovranno trasformare la loro attitudine di “quieti terzisti” in capacita’ di protagonismo diretto sui mercati. Un ruolo molto forte in questa innovazione dovra’ essere svolto dalle nuove generazioni di imprenditori, i figli o nipoti dei fondatori, che dovranno aggiungere alla tradizionale capacita’ tecnica e produttiva dei padri la loro potenziale capacita’ di innovazione e modernizzazione. (In questo articolo ci occupiamo prevalentemente dei prodotti di consumo, ma per molti versi le considerazioni che stiamo facendo sono utilizzabili per molti prodotti industriali, a cui faremo cenno in seguito).


Controllo del mercato . E’ il passaggio culturalmente piu’ difficile. Le PMI italiane si sono sempre sentite “terziste” anche nei confronti degli importatori e dei distributori esteri. Questo non ha mai permesso loro di avere il controllo dei mercati esteri, sempre gestite dai distributori. Hanno quindi rinunciato completamente al controllo dei loro prodotti sui mercati esteri, delle politiche di pricing e posizionamento, e soprattutto hanno rinunciato ai lucrosi margini della distribuzione. La svolta deve consistere nella decisione di essere direttamente presente sui mercati esteri, con proprie strutture dirette di distribuzione, sia in termini di wholesale, con proprie societa’ di distribuzione o anche solo con un Ufficio di Rappresentanza, (garantendo servizio post vendita, selezionando il retail, determinando le politiche di prezzo e posizionamento, fornendo formazione al personale di vendita), o addirittura direttamente nel retail, con l’apertura di propri punti vendita diretti, operazione possibile e auspicabile in molti comparti del Made in Italy. A tutt’oggi, purtroppo le richieste che pervengono alle societa’ di consulenza commerciale in Cina sono quasi sempre rivolte alla “ricerca di un importatore”. La nuova strada non e’ ancora stata presa.

Investimenti diretti nel commerciale. Le considerazioni del punto precedente implicano un capovolgimento delle priorita’ negli investimenti. Le nostre PMI non esitanto un momento ad acquistare una nuova macchina o un impianto per migliorare la produzione, anche con investimenti importanti e costosi, ma sono assolutamente riluttanti ad investire cifre, anche modeste, per l’avvio di strutture commerciali all’estero, e soprattutto per pagare risorse umane qualificate capaci di gestire tali attivita’, che le risorse normalmente presenti in queste aziende non riescono a gestire, non avendone le competenze.

Costruire nicchie vere. Sulle nicchie si e’ detto e scritto molto. Le aziende capaci di lavorare in nicchie vere sono pero’ una rarita’. Nelle nicchie si entra ovviamente grazie alla creativita’, all’esclusivita’, alla capacita’ di cogliere tendenze e di anticiparle, ma, soprattutto nel settore industriale, nelle nicchie vere si entra con la ricerca e lo sviluppo, e la capacita’ di innalzare barriere vere di accesso alla competenza asiatica. Se la nostra “nicchia” entra in competizione con la produzione asiatica, non siamo piu’ nella nicchia, dobbiamo cercarla piu’ avanti, piu’ in alto.

Risorse umane, formazione e innovazione. E’ in sostanza la sintesi degli elementi sopra descritti. Senza investimenti in risorse umane e nella loro formazione, non si fa innovazione, e non ci si muove nel mercato globale.

Interculturalita’ e internazionalizzazione. Uscire dalla provincia, accettare il confronto con altri mondi e cogliere quello di buono che ci offrono. La vera internazionalizzazione non passa solo attraverso tecniche industriali e commerciali, che ovviamente sono necessarie, ma sono sterili e improduttive se non sono filtrate dal concetto di interculturalita’, che permette di vivere il mondo come casa nostra.

Incollati al Made in Italy. Mantenere e rinsaldare il rapporto vero con lo stile, la tradizione, la bellezza e il gusto italiano. Non ha piu’ molta importanza dove si produce. Molto importante e’ dove il prodotti si pensa, si progetta, si elabora e si innova. Il cuore soft del prodotto deve essere italiano. La capacita’ di trasmettere a prima vista questo valore e’ un plus determinante in Cina, ma in tutto il mondo che apprezza l’italian style.

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