venerdì 27 giugno 2008

Starbucks caffe' in Cina. Poco prodotto e molta comunicazione per un fenomeno esplosivo da manuale di marketing

di Leonello Bosco





Starbucks, la famosa catena americana di caffetterie, presente in Cina con oltre 300 punti vendita, e almeno 4000 addetti, ha annunciato l'apertura di 80 nuovi punti vendita nel solo 2008.E' un successo travolgente, e non nuovo. Gli americani sono riusciti a far coincidere, nella mente dei consumatori cinesi, in particolare dei giovani, la parola caffe' con la parola Starbucks. Ci sono riusciti usando una modalita' completamente opposta a quella che abitualmente siamo abituati ad usare in Italia, patria indiscussa del caffe' di qualita' (almeno secondo i canoni europei).Le imprese italiane, nel settore alimentare, puntando all'eccellenza del prodotto, hanno investito e investono moltissimo nel prodotto stesso, nel suo perfezionamento, nella esaltazione delle caratteristiche organolettiche e proprieta' alimentari, con una attenzione quasi maniacale, ottenendo in effetti quanto di meglio al mondo si possa ottenere in termini di qualita'.Molto meno hanno investito, e quasi nulla in Cina - salvo la lodevole eccezione di Illy che sembra destinato a combattere da solo una improba battaglia contro la multinazionale di Seatle - hanno investito per dare al'espresso quei caratteri identitari per cui il consumatore cinese riconosca in un brand taliano il sinonimo di "espresso".Cosa distingue Starbucks? Cosa hanno fatto gli americani con il caffe'? La ricetta e' terribilmente semplice (come tutte le cose che si analizzano a posteriori): hanno "tolto prodotto" e hanno "aggiunto comunicazione". Come? Con una forza identitaria travolgente. Tuti gli Starbucks sono identici, offrono tutti esattamente gli stessi prootti (di media qualita') allo stesso prezzo, il personale e' addestrato esattamente allo stesso modo, e rende tutto molto semplice, anche a scapito del servizio. Sono piazzati piu' o meno tutti nelle stesse posizioni strategiche, puoi quasi indovinare dove trovi uno Starbacks, e se non c'e' quasi ti meravigli. Chiunque si avvcini ad una insegna Starbucks sa gia' cosa trovera' dentro, e si sente in un ambiente amichevole. L'attenzione al caffe' e' scarsa, giusto alcuni manifesti che spiegano come a Starbucks stia a cuore la vita dei coltivatori di caffe' (un po' di etica e' politically correct). E poi via con i tavoli all'aperto, le reti wireless, fondamentali per attirare i giovani cinesi che vi passano ore collegati con il loro ultimo laptob da esibire.Gli esperti di marketing lo hanno gia' denominato "Il fattore Starbucks".Per gli italiani e'piuttosto umiliante sedersi da Starbucks e rendersi conto che per i cinesi quello e' quasi l'unico riferimento per il mondo del caffe'.Anche nei supermercati, del resto, il caffe' italiano fa da comparsa di secondo piano. Imperversano i marchi tedeschi (Tchibo in testa), americani, sudamericani. Illy e Lavazza, si devono accontentare delle posizioni di rincalzo. Nonostante la qualita', che vale solo se viene comunicata con il linguaggio che i giovani cinesi capiscono.

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