venerdì 27 giugno 2008

Nuova Legge sul lavoro in Cina


E' entrata in vigore la nuova legge sul lavoro in Cina. Un cambiamento molto forte, per quanto atteso, che allinea la legislazione cinese alle norme abitualmente utilizzate in occidente, mettendo peraltro fine a quella infinita serie di critiche e accuse rispetto allo sfruttamento della manodopera cinese. L'effetto di questo cambiamento peraltro, sta iniziando a provocare un piccolo terremoto rispetto agli investimenti esteri in Cina. Gia' alcune delle grandi imprese manifatturere occidentali, americane in particolare, la cui produzione e' ad alta intensita' di lavoro, stanno pensando di trasferire le loro produzioni in Vietnam, India, o altri Paesi orientali. Quali sono le caratteristiche princiali di questo cambiamento: Viene introdotta l'obbligatorieta' del contratto scritto, si stabiliscono le regole di orario (8 ore giornaliere per 5 giorni la settimana) e conseguentemente viene riconosciuto il diritto al compenso straordinario per l'overtime (che arriva fino a 3 volte il compenso ordinario per lavoro prestato in giornate festive). Vengono definiti i benefit sociali e assicurativi, e si introduce il concetto di "liquidazione". Si tratta di norme che nel mondo occidentale sono del tutto scontate, facendo parte della normativa reltiva alla protezione dei diritti dei lavortori. L'effetto che questa nuova legislazione sta provocando in CIna e' invece piuttosto pesante, soprattutto per le imprese straniere, che saranno probabilmente molto piu' controllate rispetto alle imprese cinesi. C'e' indubbiamente un impatto rispetto al costo del lavoro, e questo ha allarmato la comunita' degli investitori stranieri. In effetti, questa nuova legislazione giuslavorista si inquadra in una serie di tasselli legislativi (ristorni Iva, restrizioni a particolari attivita' industriali, ecc.) che fanno intravedere una strategia industriale del governo cinese tendente a valorizzare produzioni con alto valore aggiunto, a minore intensita' di lavoro, con alto valore tecnologico e di innovazione, oltre naturalmente a continuare la politica di "allineamento" agli standard sociali richiesta a gran voce dal mondo occidenale. Quello stesso mondo, probabilmente un po' ipocrita, che non si scandalizza se le proprie multinazionali decidono di spostare la produzione in Vietnam, in modo da poter continuare a comprare (per scelta o per necessita') scarpe, vestiti e prodotti vari a prezzi accettabili.

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